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Garlasco, la mano fantasma. Un'unica certezza: troppi elementi ignorati

Siamo ormai arrivati alla certificazione che in passato, quando si è puntato il dito su Stasi, più di qualcosa è stato preso sottogamba
di Mario Sechi mercoledì 21 maggio 2025

4' di lettura

La matrioska è una bambola russa che ha all’interno tante bamboline, è una metafora della sorpresa, dello stupore e anche dell’inquietudine perché al posto della bambolina potrebbe esserci altro, per esempio l’impronta del palmo di una mano sulla parete della scala dove Chiara Poggi fu uccisa.

La matrioska di Garlasco è sempre più sorprendente, qualche giorno fa avevo scritto che il caso si compone di due misteri e di un mistero nel mistero. Il primo mistero era quello dell’assassino, il secondo quello dell’indagine, il terzo - il mistero nel mistero - il movente. Ora siamo di fronte a qualcosa che non è ancora una prova, legalmente potrebbe non significare nulla, ma nel racconto di Garlasco è un enorme punto interrogativo su tutto quello che è stato fatto nei vari gradi del processo che ha portato alla condanna di Stasi. Diciotto anni dopo quella tragica mattina dell’agosto del 2007, la verità è un banco di nebbia mentre la giustizia è evaporata.

I magistrati avevano apparecchiato per oggi tre testimonianze in tre luoghi diversi allo stesso orario, lo scopo di tutto questo sembra essere quello di prevenire versioni dei fatti aggiustate dopo le, a quanto pare inevitabili, fughe di notizie, ma il giochino non è andato a segno perché Sempio non si è presentato all’interrogatorio e dunque sono rimaste le versioni di Stasi e di Poggi, il fratello di Chiara che frequentava Sempio e che si dice convinto dell’innocenza dell’amico. Quanto a Stasi, egli ripete la sua versione da anni, che è quella della sua innocenza. Dunque tutto è rinviato, tranne che per quel dettaglio, l’impronta di Sempio sulla parete, un punto che secondo una relazione dei carabinieri del 2020 era da collegare alla mano dell’assassino.

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Sono un vecchio cronista e ho sempre cercato di pensare come l’uomo della strada, perché sono le domande più semplici a illuminare le risposte più impensabili, dunque che cosa sta succedendo?
1) Nell’indagine sono emersi nuovi elementi, alcuni perfino vecchi ma mai considerati, su questo mi pare non ci sia alcun dubbio e sono stati ritenuti sufficienti di fatto per riaprire tutto il caso.
2) La strategia processuale di Sempio non è più quella di semplice difesa, ma di attacco, i suoi avvocati sono passati alle contromisure, hanno considerato nulla la convocazione del loro assistito e dunque fatto saltare la mossa degli interrogatori simultanei. Non solo, appare anche la volontà di non rispondere, di prendere tempo, di costruire una strategia di contrasto alla teoria che evidentemente i pm hanno in mente.
3) Il terzo punto riguarda l’analisi di tutti gli atti precedenti, perché quell’impronta era nota, ma considerata inutilizzabile, dunque siamo di fronte alla certificazione che più di qualcosa è stato preso sotto gamba, non mi pare una questione di uso di nuove tecnologie, di grandi scoperte, non è arrivato neppure Sherlock Holmes da Londra, si tratta semplicemente della composizione di un racconto alternativo rispetto a tutto quello che era stato intrecciato dal 2007 fino a poche settimane fa.

Questo elemento narrativo - che poi non è fiction, non è letteratura, ma la reale ricostruzione dei fatti- ci dice però che quando si è puntato il dito su Stasi si sono chiusi tutti gli altri scenari possibili, mentre anche al più distratto dei lettori appare chiaro che un finale diverso può esserci. Io non so se Stasi è colpevole (e questo mi pare un punto rilevante, perché significa che quel processo indiziario è debole), come non so se Sempio ha qualcosa da nascondere o no, ma da cronista e lettore di gialli, ho la sinistra sensazione che al di là della mano che ha spezzato la vita di Chiara Poggi, ci sia altro, una trama che somiglia a un gioco in cui molte persone entrano senza riuscire a uscirne più, lo scrivo perché troppe sono le contraddizioni, tante sono le bugie e molte le coincidenze. Quando il paese mormora, alla fine c’è sempre qualcosa di vero da scoprire, potrebbe essere il contrario di quello che si racconta ma la saggezza popolare non sbaglia mai.

Mi viene in mente Ellery Queen che di fronte al delitto trovava la soluzione chiudendo tutti nella casa e sottoponendoli a un confronto collettivo che alla fine non dava scampo al colpevole. Nel caso Garlasco i magistrati ieri hanno adottato la linea della separazione delle testimonianze, ma il vero punto rivelatore, il corto circuito, lo si ottiene solo avvicinando i fili dell’alta tensione. In un film dove c’è sempre un finale perfetto, gli amici, i nemici, i colpevoli e gli innocenti li avremmo visti tutti insieme. L’uomo della strada a questo punto si aspetta il colpo di scena e non è detto che sia il trionfo della giustizia.

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