Al vaglio degli inquirenti non c'è solo la traccia 33, quella che nel filone delle nuove indagini è stata attribuita ad Andrea Sempio. I legali di Alberto Stasi, condannato per l'omicidio di Chiara Poggi, puntano ad analizzare anche un'impronta di piede. "Vorremmo fare una rivisitazione, a livello scientifico, di tutto. Anche delle impronte dei piedi" trovate all'epoca nella casa di via Pascoli, "come quella parziale del numero 36/37, che si ritiene femminile, in quanto pensiamo che con le nuove tecniche si possa arrivare a un esito". A dirlo è l'avvocato Antonio De Rensis.
Per la difesa, infatti, quell'orma potrebbe appartenere al killer o a un complice. Anche perché gli investigatori non hanno mai escluso che la mano dell'assassino potesse appartenere a una donna. Intanto l'attenzione si focalizza sulla traccia 33 che però è al centro di un ulteriore mistero: dove si trova l'intonaco? Nel tentativo di capire se sia stata lasciata dall'assassino e, dunque di trovare il sangue o Dna della vittima, è necessario recuperare l'intonaco che era stato asportato con bisturi sterile. Si tratta di un reperto che probabilmente è andato distrutto in quanto c'è una sentenza passata in giudicato, quella di condanna a 16 anni di Stasi. La sua difesa, con una consulenza che verrà depositata nei prossimi giorni, ritiene però che in quel pezzo di muro "grattato" sia possibile rintracciare "materiale biologico", e quindi poter ricostruire "pezzo per pezzo" la vicenda e riscriverla con altri protagonisti.
Di diverso parere Luciano Garofano, comandante del Ris di Parma all'epoca del delitto: "Conosco bene chi ha fatto le indagini in quegli anni, si trattava di miei collaboratori estremamente bravi. Loro avevano considerato l'impronta non utile perché aveva pochi punti d'identità, e quindi rimango perplesso nel constatare che oggi è diventata utile".