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Avvenire esagera, Papa Leone XIV lo corregge

Il quotidiano dei vescovi contro Gerusalemme. Ma il Pontefice: "Nessuno dovrebbe minacciare l’esistenza dell’altro"
di Antonio Socci domenica 15 giugno 2025

4' di lettura

La frattura fra la Cei e la Santa Sede è evidente e su un tema di enorme importanza. È una contrapposizione. Avvenire, quotidiano della Cei guidata dal card. Matteo Zuppi, che ogni mattina dà la linea al giornale, ha scritto una cosa che il Papa, ieri, ha clamorosamente corretto parlando del nuovo conflitto fra Israele e Iran.
Leone XIV ha testualmente affermato: «Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro». Una frase breve, ma importantissima. Soppesata bene con la Segreteria di Stato.

Piena di significati e di implicazioni. Infatti la posta in gioco è questa: la sopravvivenza stessa dello Stato d’Israele. In fondo una seconda Shoah. Questa è la minaccia in base ai proclami iraniani sulla distruzione di Israele, tanto più allarmanti dopo la recentissima dichiarazione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, la quale per la prima volta in venti anni ha affermato che l’Iran non sta rispettando i suoi obblighi sulla non proliferazione nucleare (l’Aiea è l’organizzazione dell’Onu che controlla l’energia nucleare e del suo consiglio direttivo fanno parte anche Cina e Russia). Il regime degli Ayatollah ha sempre negato di voler costruire armi atomiche: come tutte le tirannie non ha scrupoli a mentire, ma, stando all’Aiea, ha ormai raggiunto livelli di arricchimento dell’uranio vicini al 60 per cento, ben oltre i limiti previsti e superiori a quelli necessari per usi non bellici. Il nostro ministro degli esteri Tajani ha spiegato che «in meno di sei mesi l’Iran avrebbe potuto disporre di 10 bombe atomiche, e di oltre 2000 missili per poterle lanciare, verso Israele e non solo».

Il territorio di Israele è più piccolo della Lombardia e ha un numero inferiore di abitanti, perciò anche solo con quelle 10 atomiche quale sarebbe la sua sorte? Tajani aggiunge «e non solo» perché a quel punto l’Iran sciita diventerebbe un rischio mortale anche per i suoi vicini islamici sunniti, che, infatti, dietro condanne verbali di circostanza, sono ben contenti che Israele impedisca all’Iran di arrivare alla bomba atomica. Se l’Iran raggiungesse quell’arma è chiaro che Paesi come Arabia Saudita e Turchia, ma anche Siria, Egitto o Qatar si sentirebbero in diritto, se non obbligati, a correre ai ripari, intraprendendo anch’essi tale strada. A quel punto salterebbero tutti gli equilibri mondiali.

Che la tirannia iraniana, con l’atomica, persegua l’obiettivo di spazzare via Israele non è solo un timore del Papa o un sospetto degli avversari del regime: si tratta delle dichiarazioni ufficiali dei suoi gerarchi. Il 26 ottobre 2005 il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad tenne una conferenza a Teheran dal titolo «Il mondo senza sionismo» in cui, citando Khomeini, affermò che «l’entità sionista deve essere cancellata dalla mappa del mondo».

Questo obiettivo, mentre il programma nucleare iraniano andava avanti, è stato ribadito anche dall’attuale Guida suprema, Ali Khamenei che nel 2020 e poi nel 2024 ha parlato di Israele come «cancro da estirpare». Ecco perché il Papa ieri ha affermato un principio: «Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro». Ma proprio ieri mattina Avvenire è uscito con un editoriale, duramente anti-israeliano, che iniziava ironizzando precisamente sul fatto che sia in gioco l’esistenza di Israele: «Tutte le guerre di Israele sono guerre difensive preventive. O almeno così cerca di convincerci il suo primo ministro Benjamin Netanyahu, ormai sempre più simile al “dottor Stranamore” del famoso film di Stanley Kubrick. E questo» prosegue l’editoriale «stanno dicendo in continuazione i media e i politici israeliani: siamo stati obbligati ad attaccare per garantire la nostra sopravvivenza. Tesi francamente bizzarra». Che le guerre combattute da Israele siano state difensive o preventive è storia. Che Avvenire non voglia considerare il “rischio sopravvivenza” rappresentato per Israele dal programma atomico iraniano è incredibile: è l’Aiea che ha lanciato l’allarme.
Non si può minimizzare. Solo 80 anni si è consumata la tragedia di una Germania nazista che voleva cancellare gli ebrei dalla faccia della terra. Sappiamo cos’è accaduto ed è ovvio che Israele non voglia assolutamente esporsi di nuovo a un rischio esistenziale.

È stupefacente che il giornale dei vescovi non comprenda questo timore e poi, nel suo pregiudizio ideologico, non riconosca neanche a Trump il merito di aver fatto di tutto per indurre Teheran a fermarsi. Il Papa è stato chiaro: «È dovere di tutti i Paesi sostenere la causa della pace, avviando cammini di riconciliazione e favorendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per tutti». E «nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro». Ovviamente l’editoriale di Avvenire è stato scritto venerdì pomeriggio, quindi non è una confutazione volontaria e diretta delle parole del Papa che sono state pronunciate dopo (cioè ieri, sabato). Sarebbe stato clamoroso e in quel caso avremmo visto dimissioni importanti. Casomai si dovrebbe parlare di una vistosa correzione che, sabato mattina, il Papa in persona ha fatto al quotidiano dei vescovi.

Ma più probabilmente il Pontefice ha espresso la posizione sua, cioè della Chiesa, senza curarsi del giornale zuppiano. Tuttavia la divergenza di posizioni è evidente e mostra che Avvenire è ancora sintonizzato su una linea molto politicizzata e, potremmo dire, di estrema sinistra (tipo Il Manifesto), assai diversa da quella di Leone XIV.
Nessuno crede che alla presidenza della Cei ci sia qualcuno che, dopo essere stato bocciato in Conclave, pensi di fare l’Antipapa. Però il rischio che la guida dell’episcopato italiano diverga vistosamente dalla linea della Santa Sede c’è. È evidente ed è grave. Urgono correzioni. O meglio conversioni.

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