Potrebbe essere già lunedì il giorno in cui verrà ripetuto l’esame sul tampone orale di Chiara Poggi, eseguito nell’ambito delle nuove analisi legate al caso di Garlasco. Durante le verifiche effettuate nell’incidente probatorio, sono emerse due tracce di Dna maschile non riconducibili né ad Andrea Sempio, attualmente indagato, né ad Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio. Si tratta dell'ultima, clamorosa, svolta nel giallo di Garlasco.
Una delle tracce genetiche risulta "ignota", mentre l’altra è stata attribuita con elevata probabilità — tra il 70 e l’80% — all’assistente del medico legale che si occupò dell’autopsia. Entrambe le tracce sono emerse da una delle cinque campionature effettuate sulla garza utilizzata in sede autoptica. Tre di queste non hanno fornito esiti rilevanti, ma le altre due sì: una ha portato all’identificazione del profilo presumibilmente riconducibile all’assistente, mentre l’altra, rilevata nella zona del palato e della lingua, “avrebbe esibito” una concentrazione maggiore di Dna maschile rispetto agli altri campioni, seppur si tratti comunque di quantità minime (pochi picogrammi). Al momento, non è stato possibile determinarne l’origine. Ora la priorità degli inquirenti è quella di associare quella traccia di Dna a un volto: un passaggio che potrebbe rivelarsi cruciale per la riapertura del caso, per riscrivere la storia del delitto di Garlasco.
I primi esiti delle analisi sono stati comunicati alle parti — accusa, difesa e parte civile — venerdì scorso in tarda mattinata. Ma per poter attribuire a questi dati un reale valore scientifico sarà necessario attendere i risultati della replica dell’esame.
Solo dopo sarà possibile tracciare un percorso investigativo più chiaro. Se i dati verranno confermati, infatti, si aprirà una fase complessa: sarà necessario confrontare quei profili genetici con tutte le persone che hanno avuto accesso alla casa di Chiara Poggi prima e dopo l’omicidio, o che sono entrate in contatto con il suo corpo. Tra questi, anche i tecnici del Ris di Parma.
L’obiettivo sarà capire se si tratti effettivamente di una “contaminazione”, come sostiene una parte degli esperti, oppure — come altri ipotizzano — se quei frammenti genetici rappresentino “la firma dell’assassino che potrebbe aver tappato la bocca alla ragazza o essere stato morso da lei nel disperato tentativo di difendersi”.