Sono passati 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, ma il caso Garlasco continua a far parlare. E non per colpi di scena risolutivi, ma per omissioni clamorose e interrogativi mai chiariti. L’ultima bomba arriva dal genetista Matteo Fabbri, ospite a Quarta Repubblica, il talk di approfondimento politico e sociale di Rete4, condotto da Nicola Porro. Il genetista ha puntato il dito su un dettaglio all’epoca snobbato: il sacchetto della spazzatura trovato nella villetta.
Nel 2007 Fabbri faceva parte del collegio di esperti scelti dalla difesa di Alberto Stasi. Racconta di aver tentato un'ispezione ai rifiuti domestici durante il primo accesso alla casa: “Tentammo – spiega – ovviamente non eravamo soli, ma in compagnia di tutte le parti del processo, in uno spirito che si credeva di collaborazione. Tentammo di ispezionare il contenuto di questa pattumiera, azione che ci venne fortemente bloccata e impedita”. A domanda diretta del conduttore sul perché fu impedito, Fabbri ammette: “Sinceramente non ho la motivazione ancora oggi”. Unica concessione? Una fotografia. “Dove, a ricordo, comparivano i Fruttolo e questo Estathé”. Eppure, per l’esperto quel sacchetto era un elemento chiave.
“Era un reperto, una zona, una sede molto importante anche per capire, rispetto al contenuto, se fosse congruo e coerente con le persone che in quei giorni frequentavano l’abitazione”. Ora, nel 2025, la spazzatura ritorna sotto i riflettori. Otto impronte parziali sono state isolate: sei sul sacchetto dei cereali consumati da Chiara, due sulla pattumiera. Nessuna su biscotti o Estathé. Le tracce verranno confrontate con Chiara, Stasi e il nome caldo che negli ultimi mesi ha affiancato quello di Alberto Stasi: Andrea Sempio. Fabbri intanto rilancia l’ipotesi dei due aggressori: “Il trasporto del corpo richiedeva almeno due persone”. E sull’impronta n.5 afferma: “Per me è una mano. Piccola. Forse femminile, ma non si può escludere che sia maschile”. Un sacchetto, diciotto anni, e ancora nessuna giustizia.