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Flotilla-kamikaze, l'ala dura si allarga: arrivano altre 10 barche

di Francesco Storace sabato 27 settembre 2025

3' di lettura

Dicono no a tutti. Al governo, al presidente della Repubblica e persino alla Chiesa. Flotilla rifiuta ogni mediazione pur di arrivare a Gaza; e approfitta di nuove compagnie. Ad unirsi a Global Sudum Flottila, nei prossimi giorni, ci saranno anche la Freedom Flotilla Coalition e la Thousand Madleens to Gaza: sono circa dieci le barche che partiranno dall’Italia attorno alle 14, dai porti di Otranto e Catania.

L’appello di Mattarella? Ma figurati: «Il passaggio da Cipro non è un'opzione perché bisogna agire. La nostra spedizione è nata per far sì che si aprano i corridoi umanitari, che si applichino delle sanzioni e un embargo militare», dicono dalle navi respingendo persino le parole del Capo dello Stato.

E Michele Borgia, portavoce della Freedom Flotilla Coalition Italia è esplicito: «Fermarci a Cipro – ha detto all’Adnkronos- significherebbe annullare il senso delle nostre azioni, che sono prima di tutto politiche. Vogliamo fare pressione sui governi, affinché si prenda effettivamente posizione rispetto al genocidio in corso. Questi giochetti di spostare tonnellate di beni sono prese in giro. Il problema principale è il blocco». Politica, dunque, altro che impegno umanitario.

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Freedom Flotilla Coalition fa sapere che il 30 settembre è prevista anche la partenza di una nave da 68 metri che può contenere oltre 200 persone: sarà una nave medica quindi a bordo ci saranno dottori, infermieri e professionisti sanitari. Non danno retta neanche al cardinale Zuppi, che pure sta tentando di aiutare la missione. Ma è netto: «A Gaza non si attracca. Dico proprio tecnicamente. Sarebbe complicato in condizioni diciamo normali, figuriamoci adesso dovendo anche portare viveri e beni di prima necessità. Si rischierebbe il caos. Io mi sto adoperando per la logistica, per fare in modo che quegli aiuti arrivino. Perché ce n’è un gran bisogno». Per il presidente della Cei la soluzione per far sbarcare gli aiuti dalle navi di Flotilla resta Cipro dove il patriarca Pizzaballa «ha la possibilità di attivare un’organizzazione che distribuisca tutto alla popolazione. E nessuno meglio di lui conosce la complessità di quel territorio. Altre soluzioni non paiono praticabili. Non Israele, ovviamente.

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E non il Libano, dove attraccare e possibile ma poi non c'è modo di trasportare tutto a Gaza». «Si può arrivare di fronte a Gaza - afferma ancora -, nel rispetto dei limiti delle acque internazionali naturalmente, come gesto simbolico. Poi però resta necessario arrivare a portare gli aiuti, perché quello vuole fare la Flotilla, no? E allora dopo si devono andare a scaricare i viveri a Cipro per farli arrivare alla popolazione».

Ma tutto questo non basta a chi evidentemente si è prefisso di scatenare il caos come obiettivo. Basti pensare che se è vero che sono rappresentati nella missione 44 paesi, nessuno di questo vuole forzare il blocco navale israeliano. Perché nessuno vuole andare in guerra contro Israele. Nonostante ciò, dalla Flotilla si intende procedere, pur sapendo che in questa maniera nulla arriverà come sostegno alla popolazione palestinese che si dice di voler aiutare. E dire no alla disponibilità di Pizzaballa, che di Gaza è il Patriarca, significa fregarsene delle finalità annunciate alla partenza ma puntare ad elevare i decibel della protesta ovunque e continuare a “bloccare tutto” dalle nostre parti. Un esercizio di autentica irresponsabilità. E alzare la tensione nelle acque dove staziona la Marina israeliana evidenzia la volontà di arrivare allo scontro in mare. Ma non c’è nessuno pronto a seguire la Flotilla nel suo avventurismo. 

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