Giorni fa, parlando con un cardinale, gli ho spiegato il pasticcio che era stato fatto con la frettolosa e confusa legge istitutiva della festa nazionale di San Francesco. Gli ho detto che ne avrei scritto (e lui ha approvato). Ma mi ha fortunatamente preceduto il presidente Mattarella che, pochi giorni dopo, ha ufficialmente segnalato il problema giuridico. Lui, per il suo ruolo istituzionale, ha giustamente messo l’accento sulla contraddizione normativa con la precedente legge.
Avrebbe potuto rimandare alle Camere questa nuova per un riesame (in base all’articolo 74 della Costituzione). Ma ha preferito promulgarla comunque criticando però il pasticcio e consigliando una correzione. Credo però che, dietro la questione giuridica, si possa leggere, nell’osservazione del Presidente, in controluce, anche una sua riflessione più profonda da prendere sul serio. Riguarda, a mio avviso, Santa Caterina Patrona d’Italia e di riflesso il significato simbolico della sua figura femminile.
È assurdo che nel tempo del femminismo, delle polemiche sul patriarcato, delle quote rosa, della parità di genere sventolata dovunque, il Parlamento, in pratica all’unanimità, abbia deciso di festeggiare uno solo dei due Patroni d’Italia, l’uomo, cancellando la Patrona donna.
Fece assai meglio il Parlamento del 1958 che li parificò. Anche la Chiesa Cattolica, che di solito viene criticata per la questione femminile, si è storicamente dimostrata molto più avanti. Non solo, nel 1939, Pio XII, proclamando Francesco e Caterina Patroni d’Italia, riservò eguale spazio ai due, cogliendo acutamente in essi due splendide incarnazioni, maschile e femminile, dello spirito italiano.
Poi Paolo VI, nel 1970, proclamò Caterina addirittura Dottore della Chiesa (lei, umile ragazza del popolo e illetterata) e Giovanni Paolo II la volle Compatrona d’Europa nel 1999. Titoli che vanno ad aggiungersi a quello, voluto da Pio IX nel 1866, di “Patrona di Roma”.
Infatti Caterina, riportando il Papa nell’Urbe (da Avignone), ha salvato la Chiesa da una devastante sottomissione alla corona di Francia e ha anche salvato Roma dalla decadenza aprendo la strada al suo grande Rinascimento, alla riforma tridentina e all’età barocca: l’epoca d’oro di Roma (perciò Pio XII definì la santa senese «il decoro e la difesa della Patria e della Religione»).
Festeggiare insieme i due Patroni li farà conoscere meglio. Francesco infatti è stato stravolto da una narrazione mediatica che da tempo lo raffigura come un sognatore sulle nuvole, una caricatura, simile allo svampito Ruggero, il protagonista hippy del film Un sacco bello di Carlo Verdone. In realtà il vero Francesco era fuoco (come peraltro Caterina). Oggi sarebbe considerato un fondamentalista cattolico, un integralista divisivo. Del resto lo consideravano così già ad Assisi quando fece la sua sconvolgente scelta di vita che divise la città e provocò duri scontri nelle famiglie.
Caterina invece è sconosciuta. Spiritualmente domenicana, secondo Hans Urs von Balthasar fu anche «legata al poverello d’Assisi» (entrambi stigmatizzati). Sono sorprendenti le pagine che Francesco De Sanctis dedica alle lettere di Caterina nella sua Storia della letteratura italiana. Grande e poco nota è l’influenza che la santa senese ha avuto nella cultura, nella spiritualità e pure nella storia delle donne.
Avendo oggi la prima donna Capo del governo della storia d’Italia, si può sperare che Giorgia Meloni suggerisca ai parlamentari la correzione della legge, facendoci così riscoprire Caterina.
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