Una profezia che ha del clamoroso: Matteo Renzi immagina per Giorgia Meloni un futuro, imminente, da presidente della Repubblica. Dal palco della Festa dell’Ottimismo organizzata da Il Foglio a Palazzo Vecchio, il leader di Italia Viva ha tracciato il futuro del premier. Secondo lui, la leader di FdI non solo uscirà di nuovo premier dalle prossime elezioni, nel 2027: due anni dopo, sostiene Renzi, Meloni potrebbe salire al Colle: “Penso che nel 2027 Meloni vince e che nel 2029 va al Quirinale”, ha tagliato corto Renzi, paragonando il percorso della leader di Fratelli d’Italia a quello di Silvio Berlusconi, “che accarezzò la stessa idea, ma non ebbe fortuna”.
Un’analisi che sorprende, alla luce delle critiche mosse dall'ex premier al presidente del Consiglio. Di fatto, se non un attestato di stima, un riconoscimento alla bontà dell'azione politica del premier: oggi appare imbattibile. In ogni caso, a stretto giro, Renzi ha menato fendenti sulla riforma della legge elettorale: secondo lui, infatti, la riforma penalizza la rappresentanza e alimenta una deriva maggioritaria “a uso e consumo della destra”.
Ma la giornata fiorentina del leader di Italia Viva ha riservato anche altre sorprese. Per certi versi inaspettatamente, Renzi ha difeso il Pd dalle polemiche legate a Francesca Albanese, la controversa relatrice Onu per territori palestinesi occupati, nel mirino per le arcinote e sconcertanti prese di posizione. "È scorretto sovrapporre la faccia di Francesca Albanese alla faccia del Pd", ha scandito Renzi, definendo comunque “incredibile” l’innamoramento mediatico per una figura che, a suo giudizio, rappresenta “la negazione della serietà in politica”. Parole che sorprendono per i rapporti tesissimi tra Renzi e dem: l'ex premier, insomma, sceglie di non cavalcare una delle principali polemiche degli ultimi giorni, le accuse a Elly Schlein & Co di aver "coccolato", cavalcato la figura della Albanese, senza aver preso nettamente le distanze dopo gli scivoloni col sindaco di Reggio Emilia e su Liliana Segre.
Infine, l'immancabile bordata contro Carlo Calenda, l'ex alleato con cui è finita male, anzi a stracci. "A me Calenda sta drammaticamente simpatico", ha premesso Renzi con ironia, citando poi il cantautore Samuele Bersani per descrivere il leader di Azione come "lo scrutatore non votante": insomma, uno che predica la fine del bipolarismo ma "non si candida mai da nessuna parte, perché dice che le Regioni fanno schifo”. E anche Calenda, insomma, è sistemato.