Torino come Kabul. O, magari come Gaza City. Nel corso della manifestazione in piazza Castello organizzata dal coordinamento Torino per Gaza è intervenuto l'imam Mohamed Shahin per parlare del conflitto israelo-palestinese. Stando a quanto riporta la Stampa, nel suo sermone ha dichiarato: "Io personalmente sono d’accordo con quello che è successo il 7 ottobre. Noi non siamo qui per essere quella violenza, ma quello che è successo il 7 ottobre 2023 non è una violazione, non è una violenza”.
Com'era prevedibile, il sermone ha subito scatenato un polverone di polemiche. Dario Disegni, presidente della comunità ebraica torinese, ha definito “vergognoso” il tentativo di giustificare un massacro come un atto di resistenza. Solidarietà dal portavoce del Coordinamento Interconfessionale del Piemonte “Noi siamo con voi”, Giampiero Leo, che ha sottolineato che tali parole risultano “inaccettabili e ostative per la costruzione della pace”.
Visto le reazioni, l'imam ha provato a giustificare le sue parole sostenendo che, per lui, l’attacco non va considerato violenza ma una “reazione” a decenni di privazioni e occupazione dei territori palestinesi. "Se non posso né uscire, né lavorare, né avere la libertà e la dignità, devo stare calmo?”, ha detto Shahin. Subito dopo ha condannato gli episodi di violenza verificatisi nelle manifestazioni torinesi dei giorni successivi: “Non lo accetto, non lo faccio, non lo permetto da nessuna parte. Dobbiamo essere dolci, calmi, sorridenti. Nessun tipo di violenza verrà mai accettato”.