Ce n’è una a Provincetown, in Massachussetts, costruita nel 1910 per celebrare lo sbarco dei pellegrini dall’Europa. Ce n’è un’altra nel quartiere di South End a Boston: alta 47 metri e mezzo, venne costruita nel 1892, ed era una caserma dei pompieri. E ce n’è un’altra che svetta sull’Ospedale italiano a Gerusalemme, edificata fra 1912 e 1919.
Copie che restano un omaggio e poco più di fronte all’originale Torre del Mangia di Siena, eretta dal governo di una delle città-stato più potenti d’Italia fino alla stessa altezza della torre campanaria della Cattedrale, a simboleggiare come potere politico ed ecclesiastico provvedessero all’equilibrio civico senza però che nessuno prevalesse sull’altro.
Se risale al 1338 il primo riconoscimento ufficiale dell’edificazione (terminata nel 1348 nonostante la terribile peste), le cronache di Agnolo di Tura raccontano che proprio il 12 ottobre del 1325- era un venerdì- iniziarono i lavori che dettero vita alla torre, impressionante manifestazione plastica e aerea di come la Repubblica senese intendesse sfidare Firenze nel dominio territoriale ed economico. A Lippo Memmi (cognato del genio Simone Martini) fu dato il compito di rendere l’estetica più raffinata delle altre torri che svettavano in città, ben 40 secondo i documenti storici, per un effetto scenografico che deve essere stato un unicum: la vera New York medievale.
Scrive Agnolo che i «Sanesi cominciarono una torre... la quale si cominciò in sabato 12 d’ottobre e fecesi in Siena gran festa e vennero i canonici e il chericato del duomo e diceano orationi e salmi e l’operaio del duomo misse in fondo di detta tore alquante monete per memoria di detta tore, e fuvi messo in ogni canto di detta tore nel fondo una pietra con lettere greche, ebraiche e latine, perché non fusse percossa da tuono né da tempesta». E sì che a percuoterla ci ha provato pure un grosso terremoto, quello del 26 maggio 1798, calcolato attorno ai 5 punti della Scala Richter: danni diffusi, il Duomo addirittura restò chiuso tre anni per lavori di riparazione, la Torre «in Piazza vedevanla con sorpresa, e con orrore insieme, oscillare specialmente verso la cima e pareva loro che dovesse spezzarsi e cadere a terra (... ) in tutte le sue parti», racconta Ambrogio Soldani.
Eppure, non riportò alcuna conseguenza. Merito probabilmente dell’unico blocco di tufo, molto resistente ed elastico, su cui poggia la base e si innalza il fusto in mattoni. «Segno tangibile della grandezza della nostra comunità, della capacità dei senesi di unire arte, ingegno e orgoglio civico in un’opera che ancora oggi parla al mondo», ha dichiarato il sindaco Nicoletta Fabio durante la cerimonia di consegna del Masgalano (il premio alla miglior comparsa delle diciassette Contrade per la Passeggiata storica dei due Palii annuali), in settecento anni la Torre non ha assistito soltanto a corse di cavalli. Dalla cima alle fondamenta, ognuno dei 400 scalini può raccontare una storia. Come quella di Sunto, il Campanone (ribattezzato così dai senesi in onore della Madonna Assunta); l’originale del 1349 fu sostituito dall’attuale nel 1666, pesa 6.760 chili e per colpa di una fusione sbagliata suona bene solo quando viene battuto a mano tramite il battaglio interno, come avviene durante il giorno del Palio.
E pensare che incaricato di questo lavoro è stato per secoli un automa, che aveva sostituito il primo campanaro, quel Giovanni di Balduccio talmente noto per gli sperperi e le dissolute abitudini legate soprattutto alla tavola da meritarsi il soprannome di “Mangiaguadagni”, o più semplicemente “il Mangia”. Silurato dal Comune per gli incorreggibili vizi, senza saperlo è entrato nella storia dando il nome alla sua Torre.