Le Glaçon n. 2. Quelle pennellate inconfondibili, “picchiettate” coi toni freddi dei banchi di ghiaccio (appunto, le glaçon), un olio su tela, un Claude Monet del 1880: epperò anche un giallo, un po’ mistero, un po’ incognita, un po’ sospetto. Perché se il dipinto in questione è stato battuto all’asta da Sotheby’s nel 2013 per sedici milioni di euro, al momento è “conteso” da un po’ troppi contendenti. Da Lapo Elkann, tanto per cominciare, poi da sua madre Margherita Agnelli, ovviamente dal cliente (aninimo) che se l’è aggiudicato dodici anni fa e pure dalla procura di Roma che a questo punto vuole vederci chiaro. È proprio nel 2013 che a villa Frescot, a Torino, una residenza in usufrutto a Marella Agnelli, la vedova dell’Avvocato, salta fuori un dipinto simile a Le Glaçon n. 2.
Ma quando Margherita, dopo la morte della madre nel 2019, mette piede nella villa, il quadro non c’è e lei lo denuncia alla magistratura di Milano: sostiene che l’opera (e non sarebbe l’unica) sia finita in mano ai figli John, Lapo e Ginevra. È la storia dell’eredità degli Agnelli, una querelle che si trascina da oltre vent’anni, che ha aperto inchieste, fatto parlare i giornali, sollevato polemiche infinite. È una vicenda complessa. Quando il pm milanese Eugenio Fusco scopre che il Monet si trova in Svizzera (nel un caveau di un mercante d’arte) scatta la rogatoria, i gendarmi elvetici fanno irruzione in un box blindato e - sopresa - trovano nulla. Fine, anzi no: perché qualche anno dopo, è il 2024, la guardia di finanza, al Lingotto, rinviene un dipinto analogo, solo che è una copia facilmente databile al 2008. L’originale, si dice, è ancora al di là del confine, in una casa di Agnelli.
Ma come ci è arrivato? Ed è proprio lui? Sarò un altro pm, in questa corsa a puntate, Stefano Opilio, come scrive il Fatto quotidiano, a scovare un inventario del 2003 (l’Art Frescot) che documenterebbe la presentata del Monet nella villa torinese di Marella. Ma il tutto resta una matassa ingarbugliata, Sotheby’s spergiura di essere sicura «che tutte le procedure siano state seguite», eppure esiste una mail in cui la casa d’aste chiede a John Elkan di inviare l’opera a New York per un confronto. Di certo, arrivati a questo punto, sembra esserci pochino. Le Glaçon n. 2 dovrebbe essere nella disponibilità di Lapo. Ma il condizionale è d’obbligo.