Nell’antico e glorioso Totocalcio, era certamente difficile “fare tredici”, ma- se possibile - era ancora più complicato “fare zero”, cioè sbagliare tutti i pronostici, non azzeccare nemmeno il risultato di una sola partita. Occorreva un talento speciale, un vero e proprio tocco magico da Re Mida al contrario. Ecco, la condizione politica di Maurizio Landini è esattamente questa: il gran capo della Cgil non ne fa più una giusta neanche per caso, ed è reduce da un autentico annus horribilis. La sequenza la ricordate tutti: Landini che straparla - l’autunno scorso - di “rivolta sociale”, maneggiando materiale radioattivo; poi Landini che si imbarca nella fallimentare campagna referendaria della scorsa primavera su immigrazione e residui della legislazione sul lavoro del Pd renziano. Risultato? Deserto alle urne e una secca sconfitta politica.
Nelle pause televisive, rimane indimenticabile una storica figuraccia televisiva: va a Rai Tre, a Restart, e straparla contro i contratti dei vigilantes a 5 euro l’ora. La conduttrice, la bravissima Annalisa Bruchi, gli fa: «Scusi, ma perché l’avete firmato quel contratto?», e il povero Landini va fantozzianamente nel panico. Quel video è diventato virale, ed è l’incubo di Landini. Nel frattempo, la Cisl lo ha mollato da un pezzo, e ora lo ha abbandonato pure la Uil di Pierpaolo Bombardieri, a lungo suo sodale, che ieri ne ha preso le distanze in una conversazione con il Foglio. E adesso?
Di nuovo in tv, dove si fa abbagliare dalle telecamere, va a La7 la scorsa settimana e incorre in una gaffe catastrofica, dando a Giorgia Meloni della «cortigiana». Un altro autogol pazzesco, secondo solo alle patetiche acrobazie per tentare di giustificarsi. Non basta ancora. Non pago dei disastri combinati in piazza su Gaza e la Flotilla, ha già convocato un’altra manifestazione per questo sabato contro la politica economica e del governo e contro la manovra.
Piccolo dettaglio: tutto nasce da prima che la manovra fosse stata scritta e presentata. Così, una protesta “a prescindere”. Come si vede, siamo in presenza di una deriva abbastanza disperata per almeno tre ordini di ragioni. La prima: ormai l’azione di Landini non è più sindacale, ma apertamente politica. Il capo della Cgil è ormai indistinguibile da Bonelli, da Fratoianni, da Schlein, da Conte. Non c’è più nulla - il legame con il lavoro, con le fabbriche- che lo renda diverso da un qualunque dichiaratore compulsivo della politica. Anzi: un tema come la crisi di Stellantis lo vede da mesi e mesi silenzioso, in misura inversamente proporzionale alle sue frequenti interviste sui giornali (Stampa e Repubblica) che proprio a quel gruppo fanno capo.
La seconda: la Cgil è totalmente scollegata dalla realtà dei vecchi e pure dei nuovi lavori. La gran parte degli iscritti sono pensionati, acchiappati attraverso il meccanismo della trattenuta in busta paga con rinnovo automatico (a meno di disdetta). Tutti sanno che se, come accade per i partiti, la tessera avesse scadenza annuale e quindi necessità di rinnovo esplicito (e non automatico), le iscrizioni crollerebbero.
La terza: massimalismo per massimalismo, i massimalisti nuovi sono (o appaiono) più freschi di quelli vecchi. E dunque Landini sente il morso di Usb, la sigla sindacale che ormai lo minaccia da sinistra. Risultato? Landini alza i toni a sua volta in una rincorsa surreale. Si parla spesso - e con ragione della disastrosa gestione dell’opposizione da parte di Schlein e Conte, di Bonelli e Fratoianni. Ma ben peggio di loro sta messo il capo della Cgil: che ora, inevitabilmente, è destinato a scontare una sempre maggiore marginalità. Avanti così, verso l’irrilevanza.