Un dramma. Una morte inaccettabile, terribile, terrificante. Capizzi si è svegliata in silenzio domenica mattina, travolta da un dolore che non trova spiegazioni. In via Roma, cuore del piccolo paese del Messinese, sabato sera è stato ucciso un ragazzo di appena sedici anni, Giuseppe Di Dio. Aveva finito da poco la settimana di scuola e, come tanti coetanei, stava trascorrendo qualche ora con gli amici davanti a un bar. Poi il rumore dei colpi di pistola, il sangue, la morte.
Stando alle ricostruzioni dei carabinieri, coordinati dalla Procura di Enna, un’auto con tre persone a bordo si è fermata nei pressi del locale. Uno dei passeggeri, un ventenne, è sceso e ha aperto il fuoco. I proiettili hanno raggiunto Giuseppe e un altro giovane, che è rimasto ferito ma non in pericolo di vita. Gli inquirenti ritengono che il vero bersaglio fosse un’altra persona, con cui l’autore dell’agguato avrebbe avuto dissidi personali. Dunque, ucciso per errore, per uno scambio di persona.
Il ventenne autore dell'assassinio, Giacomo Frasconà, è stato fermato insieme al fratello diciottenne e al padre quarantottenne. Tutti e tre dovranno rispondere di omicidio, tentato omicidio, detenzione abusiva di armi, possesso di arma clandestina, lesioni personali e ricettazione. Secondo gli investigatori, il padre e il fratello avrebbero accompagnato il giovane sul luogo del delitto. L’arma usata, una pistola con la matricola abrasa, è stata ritrovata e sequestrata.
Ma dietro la cronaca nera, che riempie le carte giudiziarie e i titoli dei giornali, resta l’ombra di una vita spezzata ad appena 16 anni. Giuseppe Di Dio, come detto, non c’entrava nulla con gli affari che hanno scatenato l’agguato. È morto “per errore”, dicono tutti a Capizzi, dove la notizia ha frantumato una comunità di meno di tremila abitanti.
Giuseppe studiava all’istituto alberghiero Don Bosco Majorana di Troina. I professori lo descrivono come un ragazzo riservato, educato, sempre pronto ad aiutare i compagni. Quando non era in classe, tornava nella sua campagna, dove dava una mano ai genitori nell’azienda agricola e di allevamento di famiglia.
“Era un ragazzo tranquillo, rispettoso e legato ai suoi cari”, raccontano gli amici sui social, lasciando un fiume di messaggi e fotografie. “Non riusciamo a crederci”, scrive una compagna di scuola. “Un ragazzo buono, che non cercava mai guai.”
Anche il sindaco di Capizzi, Leonardo Giuseppe Principato Trosso, ha voluto esprimere il dolore della città: “La nostra comunità è sgomenta e incredula, è una vera tragedia. Conosco la famiglia: sono persone perbene, grandi lavoratori. Mi dicono che Giuseppe era timido, bravo e studioso.” Nelle ore successive all’omicidio, Capizzi si è stretta attorno ai genitori del ragazzo. La chiesa si è riempita di candele e silenzio, mentre sui balconi qualcuno ha appeso un drappo bianco.