Il Pontefice arriva in elicottero da Roma, attraversando un cielo plumbeo e carico di pioggia. Davanti al sagrato della basilica di San Francesco, ad Assisi, in molti sfidano i rigori del tempo per salutare papa Leone XIV in quella che è la prima “uscita” pubblica fuori dai confini di Roma e provincia. Passa in auto e saluta la gente, poi si reca nella cripta della Basilica Inferiore per pregare sulla tomba di San Francesco. Accompagnato dal presidente della Cei Matteo Zuppi, viene accolto dal custode del Sacro Convento, fra Marco Moroni. «È per me una benedizione poter venire oggi in questo luogo sacro. Siamo vicini agli ottocento anni dalla morte di san Francesco. Questo ci dà modo di prepararci per celebrare questo grande, umile, povero santo mentre il mondo cerca segni di speranza», dice il Papa, rivolgendosi ai presenti.
Seconda “tappa” a Santa Maria degli Angeli, alla Porziuncola, per l’incontro a porte chiuse con i vescovi italiani riuniti per l’assemblea della Cei. «Tornerò ad Assisi il prossimo anno per gli 800 anni della morte di San Francesco» conferma papa Leone ai frati della Porziuncola. A riferire le sue parole, fra Luca di Pasquale. Il Pontefice «ci ha salutato uno per uno e ci ha confidato che veniva più volte ad Assisi per trovare pace ed era contento di averlo fatto oggi in veste bianca. Ci ha colpito l’attenzione che ha avuto per ciascuno di noi». Al termine dell’incontro con i vescovi il Papa raggiunge lo stadio di Santa Maria degli Angeli, da cui è decolla per il bellissimo paese di Montefalco, in visita alla comunità delle monache agostiniane, che papa Prevost conosce bene, avendola visitata diverse volte quando era priore generale dell’ordine degli agostiniani.
Dopo la messa e il pranzo, il rientro in elicottero, in Vaticano. La pace, il “modello” di San Francesco, l’incontro con le comunità di frati e di monache. E poi l’atteso incontro con i vescovi italiani, le molte questioni da affrontare... Chiudendo l’assemblea generale della Cei, il Papa, nel suo articolato discorso, invita a tornare alle fondamenta delle fede, a dare sempre più forma ad «una Chiesa collegiale», promuovendo «un umanesimo integrale». Raccomanda di intervenire «profeticamente» nel dibattito pubblico per diffondere legalità e solidarietà, incoraggia a proseguire con l’ascolto e la cura delle vittime di abusi. E invita a rispettare «la norma dei 75 anni» per la conclusione del servizio nelle diocesi.
Disegna, dunque, il profilo di una Chiesa anche più snella, con diocesi più piccole accorpate e pensione per i vescovi confermata entro i 75 anni, perché «ha bisogno di rinnovarsi costantemente». Un percorso non certo semplice, ma necessario. Bisogna evitare che «pur con buone intenzioni, l’inerzia rallenti i necessari cambiamenti». Dunque, sarà bene «che si rispetti la norma dei 75 anni per la conclusione del servizio degli Ordinari nelle diocesi e, solo nel caso dei Cardinali, si potrà valutare una continuazione del ministero, eventualmente per altri due anni».
Qual è la situazione? Nel 2018 papa Francesco ha introdotto un motu proprio che ha eliminato la pensione automatica al raggiungimento dei 75 anni. I vescovi e i nunzi apostolici devono ora presentare la rinuncia e il Papa può scegliere di prolungare il loro incarico. La rinuncia, per essere efficace, deve essere accettata dal Pontefice e valutata in base alle circostanze. Un vescovo guadagna, mediamente, circa 3000 euro al mese, la sua pensione varia, anch’essa, a seconda dell’incarico e dell'anzianità di servizio e si aggira attorno ai 1600-1800 mensili; può raggiungere i 4.000 euro al mese l’Ordinario Militare - equivalente al grado di generale di corpo d’armata- cifra comunque specificamente legata a quel ruolo. Per i cardinali, che ricevono in media circa 5000 euro mensili, il calcolo pensionistico è più complicato. Le pensioni sono gestite dal Fondo Clero, che ha sede presso l’Inps.
Le regole sull’età del pensionamento non sempre vengono rispettate alla lettera e così si allungano i tempi. Ora papa Leone interviene per sottolineare che serve ripensare al “piano pensionistico” per i vescovi, non solo e non tanto dal punto di vista formale ed economico, ma proprio come spinta a rinnovare e a evitare le “secche” dell’inerzia e della burocratizzazione.