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Il vescovo pro-Imam era perplesso sulle croci in montagna

La questione di Shahin è uno di quegli affari che causano mal di testa all'italiano medio. Soprattutto quando si scopre che il principale sponsor del predicatore è il presule di Pinerolo
di Tommaso Lorenzini giovedì 18 dicembre 2025

3' di lettura

La questione dell’imam di Torino, prima rinchiuso in un Cpr su input del Viminale per pericolosità sociale e poi rimesso al proprio posto con sommo gaudio della sinistra, è uno di quegli affari che causano il mal di testa all’italiano medio quando scopre che il principale sponsor del suddetto Mohamed Shahin è un vescovo cattolico.

Derio Olivero, presule di Pinerolo, scende in campo per la costernazione di molti cattolici, sciorinando in un’intervista a La Stampa una lezione fideistico-politica stupefacente: «Mohamed Shahin ha diritto a difendersi se ha detto frasi sbagliate e inaccettabili a difesa dell’orrore del 7 ottobre («atto di resi stenza» l’ha chiamato, utilizzando la vulgata tipica che da oltre due anni risuona nelle piazze pro-Pal, ndr). Se questa è la sua unica colpa si può discuterne, ma non è motivo per una condanna così radicale come l’espulsione, tanto più che lui aveva ritrattato e la procura aveva già archiviato il caso. Shahin è in Italia da 20 anni e posso testimoniare che ha lavorato per il dialogo. Mi sembra assurdo che possa essere espulso per un’opinione per quanto deprecabile (dimentica Olivero i documentati contatti di Shanin con personaggi legati al Jihad dei quali i giornali hanno abbondantemente scritto, ndr). Se questa è la sua unica colpa si può discuterne, ma non è motivo per una condanna così radicale come l’espulsione, tanto più che lui aveva ritrattato e la procura aveva già archiviato il caso». E il vescovo continua spiegando che «mi rattrista vedere cristiani che predicano un cristianesimo violento, chiuso, rabbioso, integralista: non c’entra nulla con il Vangelo. È il pluralismo religioso che fa emergere la bellezza liberante del cristianesimo: include e non espelle».

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È un metro di giudizio, quello di Olivero, che richiede notevole sforzo di applicazione se traslato su Shanin, che predica la poligamia e le prescrizioni islamiche sul ruolo della donna nella coppia. L’imam, che da oltre un decennio guida la moschea di via Saluzzo, nel cuore di San Salvario a Torino, aveva avanzato durante l’udienza di convalida del fermo in Questura la richiesta di asilo politico perché simpatizzante del fu Mohamed Morsi, presidente egiziano salito al potere nel 2012 con i Fratelli Musulmani, movimento che propugna la legge islamica come fonte originaria del diritto penale e civile. La Sharia. È durato un anno, Morsi, deposto dal generale Al Sisi, il quale appena insediatosi al Cairo intraprese una durissima repressione contro la Fratellanza Musulmana: e chi è - casualmente - il braccio armato palestinese della Fratellanza Musulmana? Proprio quella Hamas responsabile del 7 ottobre che Shanin ha trasformato in «atto di resistenza».

Quindi restiamo stupefatti per la posizione di Olivero, anche se forse non dovremmo, visto come aveva appoggiato la polemica del Club Alpino Italiano sulla presunta eccessiva e obsoleta presenza delle croci sulle vette delle nostre montagne: «Dobbiamo chiederci se sia giusto che una minoranza metta il suo simbolo in uno spazio comune», sosteneva Olivero, aggiungendo che «pochi sanno che la croce esisteva, come simbolo, ben prima del cristianesimo. La ritroviamo, ad esempio nello zoroastrismo persiano. Aveva molteplici significati. Tra questi, l’incontro dell’orizzontalità, che rappresenta la dimensione umana, con la verticalità, espressione del divino e della trascendenza».

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