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Odiano la famiglia per statalizzare i figli

Cosa rivela il caso dei bimbi nel bosco abruzzese e perché il tema è molto più complesso di come può apparire in principio
di Annalisa Terranova lunedì 22 dicembre 2025

3' di lettura

Prima era l’avvelenamento da funghi (dovremmo chiudere allora tutti gli asili dove si verificano casi di intossicazione alimentare?), adesso è che hanno paura del sapone e cambiano i vestiti solo una volta a settimana. L’avventura dei bimbi del bosco è tutt’altro che chiusa: i genitori si sono mostrati accomodanti, hanno cambiato abitazione, sono meno loquaci. Ma non basta. I figli restano nella casa famiglia. In tanto chiasso social e mediatico che si è fatto su questa vicenda spicca l’ostinazione con cui Avs – cioè la sinistra-sinistra del campo largo che vorrebbe governare l’Italia – difende la separazione tra genitori e figli. Dietro questa posizione, che in generale appartiene alla sinistra tutta, ci sono ragioni culturali profonde. Significa che la destra sta con la famiglia e la sinistra con lo Stato? Il tema è più complesso. Come ha giustamente fatto notare la scrittrice Francesca Serra partecipando al convegno “Figli di un dio minore” in cui si è dibattuto della famiglia nel bosco alla radice del caso «troviamo ciò che Alice Miller ha definito pedagogia nera: un modello educativo fondato sul controllo, sulla normalizzazione forzata, sull’idea che il bene del minore coincida sempre con l’obbedienza ad un ordine esterno. Una pedagogia che, nel tempo, si è introiettata nella burocrazia, diventando automatismo amministrativo».

Per la sinistra questa invadenza burocratica scambiata per Stato è cosa buona e giusta: si è schierata così anche nel caso di Bibbiano, facendo poi credere che la vicenda se l’era inventata la destra mentre nasceva da un lecito sospetto dei giudici fondato sull’evidenza dei numeri: su 12mila minorenni residenti nei comuni della Val d’Enza ben 1900 erano in carico ai servizi sociali. Non era forse un numero esagerato? Nell’augurarci che vada in porto la proposta di legge presentata dal ministro Eugenia Roccella mirante a creare un albo delle famiglie affidatarie e delle comunità e istituti di assistenza cui sono affidati in media oltre 13mila bambini e adolescenti (un vero business, denunciato anche da un ex giudice minorile come Francesco Morcavallo) vediamo di andare un po’ a fondo del perché l’area progressista ha preso così a cuore questa vicenda. Intanto hanno dimenticato del tutto la parte finale dell’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, giustamente ricordata da Luca Ricolfi, che recita: i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

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Lo hanno rimosso perché non possono essere d’accordo e non lo sono per quella pulsione totalitaria che già caratterizzava Platone con la sua idea di abolire la famiglia e affidare interamente l’educazione dei bambini allo Stato. Di qui l’utopia di una società ideale che tanti guasti ha provocato in Occidente e che è anche alla base dell’ideologia comunista e in generale di ogni ideologia totalitaria. Ma ci sono ulteriori elementi: come dimenticare l’avversione di Marx e Engels per la famiglia considerata come mera struttura economica che serviva unicamente a riprodurre la classe proletaria e che doveva essere scardinata?

E Simone de Bauvoir, autrice della bibbia femminista Il secondo sesso, non disprezzava forse la famiglia borghese, istituzione da cui rifuggire per inseguire la propria indipendenza? Nell’ambiente domestico la donna, secondo la filosofa francese, è «la padrona di casa, la sposa, la madre unica e indistinta». Vittima dunque di un «annientamento sovrano». Un modo più colto per definire insomma l’odiato “patriarcato”. Altri i riferimenti culturali utili a dipanare questa visione negativa della famiglia. Pensiamo a quanto il sociologo Ferdinand Tönnies sottolineava sul legame comunitario che si estrinseca nella famiglia, fondato su appartenenza e sentimento, prevalente rispetto ai legami di tipo istituzionale. Non proprio uno scontro di civiltà ma uno scontro tra visioni opposte della società sì: e in mezzo ci sono i diritti dei bambini curiosamente sottovalutati mentre si allarga a dismisura il presunto diritto di tutti a essere genitori.

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