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Emilia-Romagna, ora l'alluvione travolge la sinistra che accusava il centrodestra

Nel disinteresse dei media che cavalcarono l’alluvione contro il governo, la Procura di Ravenna ha formalizzato dodici avvisi di garanzia. A essere colpito il corpaccione burocratico emiliano-romagnolo
di Pietro Senaldi lunedì 22 dicembre 2025

3' di lettura

Dodici piccoli emiliani, destinatari di altrettanti avvisi di conclusione indagini, coincidenti con avvisi di garanzia. Siamo dentro un giallo in cui, a differenza di quelli di Agatha Christie, il presunto colpevole si conosceva fin dalla prima pagina. È la prima la gallina che canta, quella che solitamente ha fatto l’uovo. Romagna loro, Romagna alluvionata. Chi non ricorda i disastri ambientali del maggio 2023, nei quali morirono diciassette persone e vennero stimati dieci miliardi di danni? E poi quelli dell’autunno 2024, con una vittima e qualche decina di milioni di euro inabissatasi? La Regione è amministrata dal Pci-Ds-Pd fin dalla sua nascita, ma in occasione di quei tragici eventi la sinistra si esibì in un numero del quale è specialista planetaria: dare agli altri le colpe per le proprie negligenze e imperizie, salvo poi suggerire sempre agli altri come rimediare agli errori da lei stessa commessi. Quella tragedia, consumatasi nella terra rossa per eccellenza, dove fino a poco prima la segretaria del Pd aveva, in quanto vicepresidente della Regione, un ruolo politico di indirizzo sulla politica ambientale, venne sbattuta dalla classe dirigente della sinistra in faccia al governo di Giorgia Meloni, chiamato a risponderne neanche fosse crollato il palco della manifestazione di Atreju. Il governo e la premier, di fatto appena insediatasi dopo dieci anni di opposizione a Roma, vennero accusati di mancata prevenzione e di aver sottovalutato il rischio idrogeologico nelle valli romagnole. È noto però che la difesa del suolo, la programmazione territoriale e la tutela dal rischio sono in capo alle Regioni, limitandosi le competenze dell’esecutivo a definire il quadro normativo nazionale.

Il governo fu poi rimproverato di essere lento e tirchio nel risarcire gli alluvionati, quando in realtà furono stanziati circa due miliardi e duecento milioni, oltre a quattrocento milioni arrivati dall’Unione Europea, dopo che Meloni portò in elicottero la presidente Ursula von der Leyen a perlustrare le zone flagellate dall’inondazione. Forse si sarebbe potuto dare di più, ma non molto paragonando la cifra a precedenti stanziamenti per altre tragedie, sicuramente però non più velocemente. Ci fui poi la polemica sull’individuazione del commissario straordinario per gestire l’emergenza, con l’autocandidatura dell’allora presidente della Regione, l’attuale eurodeputato dem Stefano Bonaccini. Di lì a un anno in Emilia Romagna si sarebbe votato e quell’incarico avrebbe consentito di gestire il denaro e sparare contro l’esecutivo: una manna in una situazione pre-elettorale, con la doppia stravaganza che il Pd chiedeva al centrodestra di favorire i suoi avversari nonché coloro che, probabilmente, avevano almeno una parte delle responsabilità politiche dell’accaduto. Alla fine si optò per il generale Francesco Figliuolo, il militare dei vaccini, che almeno immunizzò la ricostruzione dalla bagarre e dalla speculazione politica.

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Oggi, nel disinteresse dei media che cavalcarono l’alluvione contro il governo, la Procura di Ravenna ha formalizzato dodici avvisi di garanzia. Il sospetto è disastro colposo. Non sono colpiti i politici dem bensì il corpaccione burocratico emiliano-romagnolo, dirigenti e responsabili dei lavori della protezione civile locale, persone che operano fianco a fianco con gli amministratori del territorio, quasi tutti di provata fede. La perizia sulla base della quale vengono mosse le accuse l’ha firmata il Politecnico di Milano e sintetizza quello che, fuori di polemica politica, era apparso evidente fin da subito. La zona dell’alluvione era da tempo valutata come a rischio, solo che non sono stati messi in sicurezza gli argini e non era stato ripulito il letto dei fiumi, che pertanto sono esondati e hanno allagato le città. Un esempio di mala-gestione del territorio, aggravato dal goffo tentativo di addebitarne la responsabilità al governo di centrodestra, che non c’entrava assolutamente nulla. D’altronde, il compagno perde il pelo ma non il vizio.

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