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La guerra ibrida per fomentare l'antisemitismo: la sfida comune delle nostre democrazie

Non carri armati o missili, ma disinformazione, diffusione sistematica di fake news e manipolazione dell’opinione pubblica
di Jonathan Peled martedì 23 dicembre 2025

2' di lettura

Negli ultimi anni, l’Europa e il Medio Oriente sono diventati teatri di una nuova forma di conflitto: la guerra ibrida. Non carri armati o missili, ma disinformazione, diffusione sistematica di fake news e manipolazione dell’opinione pubblica, con l’obiettivo di sfruttare e amplificare le fratture sociali. È una guerra subdola e pericolosa, che mira a indebolire le democrazie dall’interno, erodendone la coesione e la fiducia nelle istituzioni.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha richiamato l’attenzione su questo pericolo, parlando di una «ingiustificata e disordinata aggressione» e sottolineando come la disinformazione e l’erosione della fiducia democratica rappresentino una minaccia diretta alla libertà e alla stabilità delle nostre società.

Allo stesso modo, il Ministro della Difesa Guido Crosetto, nel non-paper recentemente pubblicato sul tema, ha evidenziato come «l’Italia sia oggi oggetto di attacchi ostili, continui e coordinati, con l’obiettivo di indebolire lo Stato, polarizzare la società e screditare le istituzioni», rimarcando la necessità di dotarsi di nuovi strumenti per riconoscere e contrastare questi attacchi non convenzionali, capaci di produrre effetti profondi e duraturi.

In questo contesto, l’antisemitismo non è un fenomeno isolato né casuale. Al contrario, rappresenta uno degli strumenti più efficaci della guerra ibrida. L’odio contro gli ebrei, spesso travestito da antisionismo o da narrazioni complottiste, viene utilizzato per polarizzare le società, delegittimare Israele e, più in generale, minare i valori fondanti delle democrazie occidentali. Il risultato più estremo di questo drammatico fenomeno sono gli attentati terroristici, quali quello terribile appena compiuto a Sydney.

Attori statali e para-statali come Russia, Iran e Qatar svolgono ruoli differenti ma convergenti in questo scenario. L’Iran, in particolare, attraverso una rete ideologica, politica e operativa, promuove apertamente l’odio contro Israele e contro gli ebrei, sostenendo organizzazioni terroristiche come Hamas, Hezbollah e gli Houthi e campagne mediatiche che alimentano radicalizzazione, violenza e instabilità. Il Qatar, pur presentandosi come interlocutore diplomatico, finanzia e ospita piattaforme mediatiche come Al Jazeera, che contribuiscono a diffondere una narrazione distorta dei conflitti, spesso in linea con quella di organizzazioni terroristiche menzionate.

Israele conosce bene la guerra ibrida: la affronta quotidianamente, non solo sul piano della sicurezza, ma anche su quello dell’informazione, della legittimazione internazionale e della difesa della verità. Tuttavia, questa non è una sfida che riguarda soltanto Israele. È una sfida europea, italiana e, più in generale, democratica.

Contrastare la guerra ibrida significa difendere la verità, ma anche e soprattutto i nostri valori, la nostra sicurezza e le nostre libertà. Significa riconoscere che l’antisemitismo, in qualunque forma si manifesti, è un campanello d’allarme: dove attecchisce l’odio contro gli ebrei, presto vengono messi in discussione anche altri pilastri fondamentali della società democratica.

Italia e Israele condividono una lunga storia di amicizia e valori comuni. Insieme dobbiamo continuare a lavorare per smascherare le strategie della guerra ibrida e respingere chi utilizza l’odio come strumento politico. In gioco non vi è soltanto la sicurezza di un singolo Paese, ma la difesa delle nostre democrazie, e dunque il futuro di tutti.

di Jonathan Peled
Ambasciatore di Israele in Italia

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