Dopo mesi di silenzio e indiscrezioni mai confermate, emergono dettagli sul servizio de Le Iene sul delitto di Garlasco fermo da tempo per decisione della Procura. Un’inchiesta televisiva che, a quanto pare, porterebbe in dote dettagli esplosivi sul dettaglio di Chiara Poggi. Un servizio che ora ha una finestra temporale precisa per la messa in onda: è prevista metà gennaio 2026. A rompere il silenzio è stato lo stesso autore del servizio, Alessandro De Giuseppe, che ha scelto di anticipare alcuni elementi chiave del lavoro giornalistico, destinati – secondo lui – a incidere profondamente sulla ricostruzione del caso.
Pur premettendo di muoversi nel pieno “rispetto dei ruoli”, De Giuseppe ha voluto chiarire la portata del materiale raccolto, prendendo le distanze dal rumore di fondo che da anni domina il dibattito sul caso. Al centro del servizio ci sarebbero la convinzione dell’innocenza di Alberto Stasi, una nuova testimonianza “diretta” ottenuta in esclusiva e l’ipotesi, supportata da elementi concreti, che ad agire possano essere state più persone.
Il giornalista ha parlato del servizio bloccato – per ragioni definite precauzionali – durante una lunga intervista andata in onda nella puntata del 21 dicembre del podcast Oltre la tempesta. In quell’occasione ha raccontato anche il metodo di lavoro adottato, spiegando di aver trascorso lunghi periodi a Garlasco per approfondire ogni dettaglio della vicenda legata alla morte di Chiara Poggi.
Un impegno che lo ha portato a conoscere da vicino il territorio e i suoi abitanti, fino a un incontro del tutto casuale con Giuseppe Poggi, il padre della vittima, avvenuto in un bar del paese. Secondo il racconto di De Giuseppe, Poggi gli avrebbe detto “lei ci fa i servizi contro”.
Nel corso dell’intervista è emerso anche un passaggio particolarmente delicato dell’inchiesta, che verrà approfondito nel servizio televisivo. Un elemento che riguarda le tracce biologiche e che, se confermato, aprirebbe scenari finora poco esplorati. Come spiegato dallo stesso De Giuseppe: “C’è la possibilità che il dna sui pedali della bici di Alberto Stasi ce lo abbiano messo tutto quel dna quando di solito se ne trovano quantità minime che appare dopo una telefonata che arriva è molto interessante. No?”, conclude De Giuseppe avanzando sospetti inquietanti.