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L'imam di Milano in tv: "Hamas come i partigiani"

Massimo Sanvito
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C’è un imam, a Milano, che scandisce i suoi sermoni in una grande palazzina alla periferia nord della metropoli. Via Padova 366 è l’indirizzo della Moschea Mariam, gestita dall’Associazione Islamica di Milano, regolarizzata di recente da Pd e compagni dopo annidi abusi edilizi. È un signore corpulento, con la barba, che si chiama Baraà El Oubaidy. E ai microfoni di La 7, oltre a ribadire che «non si può dire che quelli di Hamas son dei terroristi, no», ha lanciato la palla addirittura oltre. Un contropiede fulmineo. «Israele ha dato ventiquattr’ore di tempo ai palestinesi per lasciare Gaza: neanche Hitler diceva così...». E poi: «Quelli di Hamas sono come i partigiani italiani: voi non volete dirlo ma sono la stessa cosa. Se tu prendi la mia terra e poi diventa tua...».

Una guida spirituale in salsa comunistoide. Tradotto: chi “resiste” è legittimato a sgozzare bambini, a trucidare ragazzi e ragazze e a prendere in ostaggio intere famiglie. Le tesi dell’imam sono il filo rosso che unisce l’odio verso Israele (Hamas, per statuto, ne vuole la cancellazione) alle piazze zeppe di fanatici dei centri sociali che infiammano i cortei pro Palestina col supporto di ex brigatisti. L’Anpi, sia chiaro, rifiuta categoricamente l’associazione Hamas-partigiani: per loro, quei miliziani islamici, sono semplicemente dei «tagliagole». Negli studi di Piazzapulita, giovedì sera, è calato il gelo al termine del servizio mandato in onda e girato a Milano. Tra gli ospiti di Corrado Formigli, infatti, c’era l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini. «Mi colpisce ma non mi sorprende», ha detto l’attuale deputato del Pd. «Io ritengo che quelli di Hamas siano dei terroristi feroci. Hanno ucciso giovani a un rave, rapito e trascinato via persone. I partigiani non hanno mai fatto stragi di civili», la sentenza della Boldrini.

 

 

A dire il vero, a guerra finita e specialmente in Liguria, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, non sono mancati gli eccidi rossi che hanno visto scorrere il sangue non solo dei fascisti ma anche dei civili che nulla c’entravano o erano semplicemente parenti degli ex militi della Guardia Nazionale Repubblicana. È tutto documentato e circostanziato negli archivi e nei libri di Giampaolo Pansa. Tralasciando questa piccola digressione storica, sperando sia utile alla Boldrini, torniamo alla moschea Mariam. In tempi di guerra, il luogo di culto meneghino sta facendo da megafono alle tesi di Hamza Roberto Piccardo, padre di Davide (l’ex referente del Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano che nei giorni scorsi ha intervistato sulla sua rivista La Luce uno dei leader di Hamas, ndr), secondo cui i quaranta bambini israeliani decapitati e bruciati nel kibbutz di Kfar Aza e i 250 giovani trucidati dai miliziani islamici nel deserto al confine con Gaza mentre ballavano musica elettronica sono «gravissime fake news».

Ma a proposito di cattivi maestri, uno dei predecessori di El Oubaidy in via Padova 366 è stato Usama El Santawy, oggi imam della moschea di Lecco. Una figura a dir poco controversa. In un’intervista al Fatto Quotidiano del 2014, infatti, aveva candidamente dichiarato che «nel Corano c’è scritto che la guerra è odiata dall’uomo, ma che a volte è costretto a farla». Sempre in quell’anno, sul suo blog personale, quando era presidente della comunità islamicadi Cinisello Balsamo, aveva anche detto: «Il sistema democratico italiano? Non garantisce giustizia né uguaglianza. Non bisogna stupirsi se ci sono italiani che si arruolano nell’Isis». E proprio un soldato dello Stato Islamico pregava sui tappeti della Moschea Mariam: il terrorista Issam Shalabi, egiziano e irregolare in Italia, arrestato a Milano nel novembre del 2018. Era in contatto diretto coi vertici dell’Isis: prontissimo al martirio.

 

 

A dire il vero, anche all’interno della stessa comunità musulmana meneghina il centro di via Padova 366 non è visto di buon occhio. Soprattutto dalla corrente più moderata, incarnata dalla Casa della Cultura Musulmana (oggi in via Padova 144) che ha di recente vinto il bando comunale per la realizzazione della prima grande moschea di Milano (tra l’altro sempre nello stesso quartiere simbolo della multietnicità). Non mancano le frizioni tra le diverse anime dell’islam, che in passato si sono tradotte anche in scissioni e beghe giudiziarie tra le due associazioni vicine di casa. Divergenze politiche, accuse incrociate, debiti, richieste di risarcimento. Tribunali e carte bollate. Poi la Casa della Cultura, in buonissimi rapporti col Comune, ha scelto di seguire un basso profilo. A differenza della Moschea Mariam, che tra un delirio e l’altro dei suoi referenti religiosi si sta facendo strada tra le frange più oltranziste. E c’è da scommettere che oggi pomeriggio, a Milano, insieme ad antagonisti e collettivi studenteschi ci saranno anche loro in piazza a gridare «Palestina libera» e «Israele fascista, Stato terrorista». Gli slogan da battaglia che fanno da collante tra islam radicale ed estrema sinistra.

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