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Milano, che autogol il commissario "anti-toghe" per rifare gli stadi

L'inchiesta sull'urbanistica di Milano tiene in sé potenziali ricaschi a livello nazionale, è sufficiente osservarla con le lenti degli occhiali più diffusi nel Paese: quelli del pallone
di Tommaso Lorenzini sabato 26 luglio 2025

2' di lettura

Per comprendere che l’inchiesta sull’urbanistica di Milano non è circoscritta a un presunto circoletto di amichettismo e clientele, ma tiene in sé potenziali ricaschi a livello nazionale, è sufficiente osservarla con le lenti degli occhiali più diffusi nel Paese, quelli del pallone. Le indagini hanno indicato anche lo stadio Meazza tra gli «obiettivi» del presunto «patto di corruzione» ipotizzato dalla Procura e investono l’annoso dossier aperto nel lontano 2019 dilatandone ulteriormente la conclusione, quando sembrava invece aver imboccato la dirittura d’arrivo con la possibilità di cederlo a Inter e Milan. Niente da fare, tutto fermo, se ne riparla (almeno) a fine settembre ma già i veti incrociati dei partiti che tengono in piedi la maggioranza Sala (i Verdi su tutti) paventano grosse nuvole all’orizzonte.

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Un panorama preoccupante la cui ombra si allunga sull’intera situazione degli stadi italiani, che durante l’ultimo Consiglio Federale della Federcalcio di due giorni fa il presidente Gravina ha dipinto in maniera spietata (ma lo sapevamo... la Figc dove è stata negli ultimi anni?): «Abbiamo intuito che per alcune città da noi indicate per ospitare Euro 2032 forse ci sarà qualche problema, perché ci sono resistenze legate a situazioni ambientali, logistiche, territoriali e di disponibilità rispetto a chi sta dando ampie rassicurazione sull’investimento. Ci sono impossibilità, da parte di alcuni soggetti, di seguire gli standard richiesti dall’Uefa». Insomma, un menu da mal di stomaco: se fossimo in un Paese “normale” sarebbe difficile trovare qualcuno disposto a scommettere un solo euro sul lieto fine.

L’Italia, assieme alla Turchia, organizzerà la manifestazione ed entro ottobre 2026 dovrà indicare alla Uefa le cinque strutture deputate ad ospitare le partite e i relativi eventi connessi. E come siamo messi?

Non bene. La Uefa, per ciascuna sede, richiederà garanzie sui progetti di ristrutturazione, con un piano di finanziamento certo. Gravina spiega di aver avuto un «sospiro di sollievo per Firenze, che ha completato il circuito di finanziamento, per cui siamo felici di dire che potrebbe essere una città che ha le caratteristiche per rientrare tra le candidate. Per Palermo abbiamo avuto la netta sensazione della disponibilità della proprietà a voler fare qualcosa di particolarmente importante a livello di infrastrutture». Mentre per sedi papabili come Bologna, Milano e Verona sono state riscontrate difficoltà.

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E dunque, in pura tradizione italica, già si fa avanti l’ipotesi del commissario ad hoc: «Serve un giusto equilibrio che passa dalla sburocratizzazione, e ben venga il commissario, dalla sensibilizzazione sul territorio, e su questo stiamo lavorando noi, e dalla disponibilità delle proprietà ad investire. Perché gli investimenti non dipendono dal commissario ma dalle proprietà», spiega Gravina.

E qui siamo al punto. Visto quel che succede a Milano, siamo certi che amministrazioni comunali (ancora in larghissima parte proprietarie degli impianti) e società vogliano decidere di imbarcarsi in lavori di riqualificazione che finirebbero all’istante nel mirino delle varie Procure? Nell’Italia giustizialista scopriamo che serve un commissario a far da garante con i giudici per seguire l’ammodernamento di strutture-chiave a livello sociale: siamo davvero sulla linea del fuorigioco...

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