Dottor Albertini ha letto le decisioni del Tribunale del Riesame che hanno smontato l’inchiesta sull’edilizia a Milano? Che idea si è fatto?
«Dopo la liberazione dai provvedimenti cautelari, le due alternative nella motivazione erano: mancano i presupposti per gli interventi cautelari o mancano quelli per le accuse. Direi che inequivocabilmente il Riesame ha optato per questa seconda ipotesi come prevalente».
Cosa succederà ora?
«Io io sono contento perché i 150 cantieri potranno ripartire, e perché l’immagine di Milano luogo attrattivo per gli investimenti del mondo e anche la dignità professionale dell’assessore e dei protagonisti degli investimenti immobiliari, viene ad essere riabilitata. E questo non può che essere visto, al di là delle appartenenze politiche, come un elemento positivo, perché già si stava profilando con questa impasse una condizione molto critica».
In che senso?
«Gli investitori sono un po’ come i risparmiatori. Einaudi li definiva “persone che hanno il cuore di coniglio, le gambe da lepre e la memoria da elefante”. Questa indagine così lunga e complessa aveva creato un clima di incertezza per chiunque volesse investire su Milano. Quindi questa pronuncia - che non è un’assoluzione definitiva- è un segnale che può indurre a una riflessione gli attuali inquirenti. Cioè, sono proprio convinti di quello che stanno facendo o possono considerare che forse hanno dato un peso rilevante a indizi che non sono prove? Il secondo argomento di analisi è più di natura politica. Io sono convinto che Beppe Sala e la sua giunta si sono trovati davanti a quello che definisco uno stato di necessità».
Ovvero?
«Non avevano e non hanno una maggioranza coesa sugli obiettivi strategici di una metropoli come Milano. Hanno una componente interna alla propria maggioranza, che io definisco i “verdi talebani”, che sono pregiudizialmente orientati a negare qualsiasi tipo di investimento o intervento urbanistico in quanto tale. Hanno una visione ideologica e non pragmatica della realtà...».
Storia vecchia, anche lei quando era sindaco ha dovuto farci i conti...
«Se io avessi ascoltato questa componente minoritaria nella città, che fortunatamente non era nella mia maggioranza, non avrei potuto fare nulla di quello che è avvenuto nei nostri turni di guardia ed è proseguito oltre».
Sala, al contrario, con questa componente ci deve fare i conti tutti i giorni...
«Infatti ha dovuto di necessità non portare in sede politica le decisioni inerenti all’urbanistica, che però non poteva rifiutare. Sarebbe stato un atto lesionistico per la città. Ma visto che non aveva la maggioranza politica che cosa è successo? Ha dovuto dirottare tutto sulle procedure interne, come la “Scia” che è una procedura che fanno gli uffici, saltando il calvario delle commissioni e del Consiglio comunale».
Come ne esce la magistratura?
«Confesso che da giovane volevo fare il magistrato (poi grazie alla chiamata del fratello maggiore in azienda, cambio strada, ndr), questo per dire come sono orientato verso questo mondo. E volevo farlo per fare valere il diritto sul sopruso. Ora, io non ho mai condiviso quella norma che nessuno, nemmeno l’ottimo amico e maestro Carlo Nordio, ha osato modificare e che è composta da sette parole. E che segue questa frase: “Nessun magistrato può essere sottoposto a procedimento disciplinare per valutazione delle prove e valutazione delle norme”. La riforma Albertini aggiungerebbe sette parole: “Salvo che per dolo o colpa grave”. Non c’è ed è un paradosso perché in qualsiasi altra professione c’è una sanzione. Oggi un magistrato che si comporta scorrettamente, deve essere sanzionato e se serve deve essere allontanato dalla professione».
Sul vizio della politica, anche di una parte del centrodestra, che si è buttata sull’inchiesta chiedendo le dimissioni di Sala?
«Ho polemizzato con Fdi. Mi sono stupito del fatto che il partito del ministro della giustizia che è un garantista, sia stato il più attivo e solerte nel chiedere le dimissioni del sindaco».
Contestava l’inazione politica di Sala...
«Ma guarda caso la parte più intensa di questa polemica è avvenuta quando sono stati accusati l’assessore e anche Sala».
In conclusione come vede il futuro di questa amministrazione?
«Manca il consenso coerente con lo sviluppo della città».