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Gaia Tortora dopo la lite con Travaglio: "Mio padre è morto invano. E il Pd non si sveglia"

Caterina Spinelli
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«Finora ho sopportato e sono stata una signora. Ora basta, Travaglio. Mavaffanculo». Con questa uscita sui suoi social, Gaia Tortora, vicedirettore del tg di La7 nonché figlia di una delle più famose vittime della giustizia italiana, ha fatto irruzione nel dibattito sullo stato del nostro sistema penale una settimana prima dell' inaugurazione dell' anno giudiziario. A farle perdere le staffe, un articolo di Travaglio nel quale il direttore del Fatto Quotidiano scriveva che «non c' è nulla di scandaloso se un presunto innocente finisce in carcere». Poiché il carcere preventivo è ammesso dalla legge e anche il peggior assassino è presunto innocente fino al terzo grado di giudizio, la galera anche per chi poi si rivelerà non colpevole è una spiacevolezza funzionale al sistema, è la tesi del miglior amico di Davigo nel panorama della stampa italiana. «Può pensarla così solo chi non si è mai ritrovato accusato di quel che non aveva mai fatto. Sono argomentazioni da azzeccagarbugli» è la replica che Gaia Tortora affida a Libero in questa intervista. Peggio il Guardasigilli Bonafede che dice che in Italia gli innocenti non finiscono in carcere o Travaglio che accomuna colpevoli e non colpevoli dicendo che in fondo sono tutti presunti innocenti? «Quella di Bonafede è stata una gaffe, alla quale il ministro ha messo una pezza precisando che si riferiva agli assolti e non agli innocenti. Diciamo che è stato un malinteso, perché vorrei vedere che un assolto finisse in carcere Travaglio invece non lo scuso. Anche se legale, resta scandaloso che un innocente sia in carcere, anche solo per una notte. E i dati ci dicono che ogni giorno in Italia vengono arrestati tre innocenti: neppure questo è scandaloso?». Anche sabato il direttore del Fatto è intervenuto sulla vicenda. Come mai? «Lui usa per sostenere le sue tesi gli stessi argomenti dell' ex pm Davigo. Sono il suo cavallo di battaglia, e poi vuol far credere di essere l' unico giornalista in Italia che conosce il diritto; invece non è così, io la giustizia italiana la bazzico dai tempi delle medie, per vicende personali non piacevoli. Ma quello che è ancora più scandaloso rispetto a quel che scrive è che Travaglio per difendere le sue idee insulti i colleghi». Il primo vaffanculo però è tuo «Sai che per la Cassazione non è reato, equivale a smettila di importunarmi. Se avessi detto poveretto invece, l' avrei offeso». Quindi è lui che ha commesso reato? «Ormai dipende tutto dall' interpretazione personale del giudice che ti tocca in sorte». Il quale nella sua valutazione può essere influenzato anche da chi offende e da chi è offeso, oltre che dal contenuto dell' offesa? «Se tutto diventa opinione, il diritto sfuma». Perché hai deciso di rompere il silenzio sulla giustizia proprio dopo l' articolo di Travaglio? «L' ho fatto altre volte. Quest' ultima non so, sono cose che ti vengono da dentro. Certo, quel "non è scandaloso" mi ha indignato. Io ho una storia di ingiustizia nota e quando parlo lo faccio per dare voce a tutti quelli che la pensano come me ma non hanno il mio pulpito. La vicenda però mi ha fatto riflettere molto sulla nostra categoria». Quali colpe abbiamo sulla giustizia? «Il Paese è già diviso in tifoserie. Se i giornalisti alimentano lo scontro tra manettari e garantisti, tutto diventa più complicato». Ti abbiamo deluso? «Ho ricevuto della solidarietà, ma ho anche constatato che, quando fai certe battaglie e ti esponi, non sono in tanti quelli che ti dicono coraggio, vai avanti. Io sono stata insultata». Anche i giornalisti sono succubi della magistratura come i politici? «Quando appartieni a una categoria forse hai più difficoltà ad assumere posizioni di rottura. Ma è triste. Io so che mio padre è morto di malagiustizia ma anche di pessimo giornalismo. In questo senso è morto invano, perché la sua vicenda ha insegnato poco ai colleghi e ancor meno a parte della magistratura». L' assoluzione non lo aiutò a lasciarsi alle spalle il carcere? «No, quella storia lo cambiò radicalmente e definitivamente. Sono cose che ti restano dentro a vita. Mio padre non è morto in pace, non si è mai riconciliato con il sistema. Lui poi mi diceva sempre che il carcere ti marchia e agli occhi dell' opinione pubblica, o almeno di una parte di essa, resti comunque un individuo sospetto. La cosa lo faceva impazzire». Il carcere preventivo però è una realtà del nostro diritto, come ricorda Travaglio «Questo non significa che non si possa cambiare. Ci sono misure alternative. Le carceri scoppiano, e noi veniamo condannati dall' Europa per le condizioni di detenzione ma metà dei prigionieri sono in attesa di giudizio. Non c' è volontà politica di risolvere la situazione». Ritieni che i giudici debbano pagare per i loro errori? «Sì, specie quando penso che i responsabili dell' inferno di mio padre hanno fatto tutti ottime carriere. Non penso che si debba arrivare a sanzionarli economicamente, se non c' è malafede acclarata, ma negli altri lavori quando uno sbaglia subisce dei rallentamenti nella professione. È normale, e giusto». Perché non avviene? «Perché quella della magistratura è la lobby più potente che c' è in Italia. Uno dei mali della giustizia è proprio che i giudici pretendono di non essere mai messi in discussione. E la politica va loro dietro, asserendo che le sentenze non si commentano. Ma perché?». Se la giustizia va male e i magistrati sono i padroni dei tribunali, non è illogico che pretendano di fornire loro le soluzioni ai problemi che creano? «Ma questo avviene per tutte le categorie. Prendi la scuola. Gli insegnanti sono i primi a dire che non funziona, poi però se arriva Renzi e vuole inserire criteri di valutazione del lavoro dei professori per migliorare l' insegnamento, questi si ribellano. Tutti difendono il loro orticello, anche se si rendono conto che dà frutti marci». Hai ascoltato i discorsi dei presidenti dei tribunali all' inaugurazione dell' anno giudiziario? «Sì. E se l' allarme sulla giustizia e sull' abolizione della prescrizione arriva anche dai magistrati, forse il ministro Bonafede dovrebbe iniziare a riflettere sulla bontà della sua riforma». Tu sei per la reintroduzione della prescrizione? «Sì, ma vorrei una riflessione più ampia sulla giustizia. Il dibattito non può fermarsi solo sulla prescrizione. È il vizio della politica italiana, concentrarsi su un particolare, scatenare un impazzimento generale e non risolvere mai nulla. Si perde tempo continuamente». Cosa pensi della giustizia in generale? «È il problema numero uno in Italia, e non solo per gli innocenti in carcere, ma perché la burocrazia e la lentezza e incertezza dei processi sono un freno al lavoro delle imprese di casa nostra e allontanano dall' Italia gli investimenti stranieri. La situazione della giustizia mi preoccupa, sono trent' anni che ascolto chiacchiere e non succede mai nulla». Dubito che un governo M5S-Pd pensi di mettere mano davvero alla giustizia «I grillini hanno il giustizialismo nel dna, ci hanno preso i voti, come con il reddito di cittadinanza. Dal Pd però mi aspetterei un ragionamento vero sul tema giustizia. Renzi aveva provato a metterci mano, forse anche per questo ora si ritrova con le inchieste in casa». L' Italia oggi è più manettara? «No, lo è meno. Anche dal mio scontro con Travaglio ho potuto notare che il Paese è meno giustizialista di quanto si creda. E anche questo dimostra lo scollamento tra la maggioranza di governo e l' Italia reale». Cosa imputa al Pd sulla giustizia? «Non è ben chiaro che idea abbia. Ha sempre approcciato il problema con forte timidezza, non ha mai messo il disastro della giustizia tra le priorità da affrontare. Ora che ha varato la manovra e vinto in Emilia-Romagna, il Pd cosa vuol fare?». Probabilmente nulla? «Il Paese è fermo per colpa delle divisioni dell' esecutivo. Il punto è che nella maggioranza a nessuno conviene andare a votare». Forse il Pd è in imbarazzo sul tema giustizia perché l' ha cavalcata troppo politicamente «Questo è il vizio d' origine. Dai tempi di Tangentopoli, poi con Berlusconi, Renzi, Salvini Il Pd non ha mai fatto del garantismo una propria battaglia». Non è che il Pd tiene bordone ai magistrati perché gli fanno comodo? «Io non vedo tutto questo strizzamento d' occhi. Penso più semplicemente che mettere mano alla giustizia comporti una forma di coraggio che i dem non hanno. Specie in questo momento, dove se si rompe e si va al voto vince il centrodestra. Il Pd è cambiato sulla giustizia. Non è più quello di Renzi e del Guardasigilli Orlando». Si è arreso? «Scontrarsi con la magistratura è difficile. Le sentenze le fanno i giudici e se li attacchi poi spunta sempre fuori qualcosa». E poi Travaglio e Davigo sostengono che gli innocenti non devono temere i processi, perché anzi sono un' occasione attraverso la quale possono dimostrare la loro non colpevolezza «E ti sembra una teoria seria?». di Pietro Senaldi

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