"Era più di un avvocato", ha scritto Vittorio Feltri di Niccolò Ghedini. Difensore, compagno di partito, amico, quasi un figlio acquisito di Silvio Berlusconi, suo confessore e infaticabile (e impagabile) consigliere politico, quasi il tarantiniano Mister Wolf dentro Forza Italia, l'uomo "che risolve problemi". L'ultima volta qualche giorno prima di morire a 62 anni per le complicazioni della leucemia con cui combatteva da anni. Lo ha rivelato Ignazio La Russa: una telefonata a tarda sera, la richiesta di prendere in mano il dossier delle candidature del centrodestra in Sicilia. E l'indomani mattina era tutto risolto.
Non deve stupire, dunque, che ai funerali di Ghedini, celebrati a Santa Maria di Sala, cittadina tra Padova e Venezia dove viveva, lontano dai clamori romani, sulla sua bara sia stata appoggiata la toga da avvocato. "Non vado a cavallo, non scio. Il mio hobby è il mia lavoro", amava ripetere il senatore azzurro. E la sua vita era la sua famiglia: all'arrivo del feretro, insieme ai familiari, è stato portato anche uno dei cani dei Ghedini, un terranova nero di nome Thor, rimasto poi accucciato, in attesa, sul sagrato della chiesa.