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Vittorio Sgarbi, la sceneggiata al Maxxi? Non in nostro nome

di Luca Beatrice domenica 2 luglio 2023

2' di lettura

Seriosi no, seri ci vorrebbe. È questo il principale limite della destra quando sale al potere, sta bene, cresce nei sondaggi, piace agli italiani. Uno strano meccanismo di autoimplosione fa sì che quando le cose girano al meglio scatti l’incontinenza verbale, la frase senza senso o senza pensarci, fuori contesto e fuori scala. Da parte di parecchi. Basta un niente per strumentalizzare dichiarazioni fuori portata, ecco perché non va bene prestare il fianco a critiche preventive che preventive non sono se non riusciamo a frenare gli eccessi quando proprio non ce ne sarebbe bisogno. Intendiamoci: a Vittorio Sgarbi voglio veramente bene, la stima nei confronti dello storico, del prosatore d’arte, del fine dicitore (il più bravo e competente in Italia) è fuori discussione.

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Però frasi come quelle pronunciate al Maxxi non vanno bene e lui lo sa benissimo. Il museo, pur non essendo una chiesa, ha qualcosa di laicamente sacro e inviolabile come ogni luogo di cultura, va trattato con rispetto e sensibilità, la stessa che lui mette in pratica ogni qualvolta si fa aprire un sito a tarda notte perché irresistibilmente attratto dalle opere. Buttarla in caciara può essere simpatico, in fondo il comico Luca Bizzarri ha presieduto il Palazzo Ducale di Genova, ma il turpiloquio così insistito, il riferimento costante agli organi sessuali, l’insulto al più fesso che malcapitato in una serata pubblica nel principale museo d’arte contemporanea d’Italia proprio no. Al Maurizio Costanzo Show avrei riso come un pazzo, al Maxxi, perdonami Vittorio, mi ha dato fastidio così come i risolini del comprimario Morgan, mentre era visibile l’imbarazzo del presidente Alessandro Giuli, cui è stata indirizzata una lettera indignata firmata da 43 dipendenti su 49 per chiarire l’accaduto.


Perché poi la questione va oltre: la sinistra, che in teoria sarebbe ridotta ai minimi termini, subito pontifica sull’inadeguatezza della destra in campo culturale, che se questo è lo specchio di una nuova egemonia allora siamo messi male. Temo che siamo ancora una volta ai limiti dell’autolesionismo. Nelle istituzioni ci sono persone che lavorano benissimo cercando di fare meglio di chi è venuto prima. Noi dovremmo essere giudicati per il lavoro vero sul campo e non vorremmo finire travolti, come già successo in passato, per la nostra attitudine a fare sempre casino, invece di acquisire in serietà e autorevolezza. 

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