Bilanci

Vittorio Sgarbi figlio e padre, "sono stato pessimo": la dolorosa ammissione

Un Vittorio Sgarbi a cuore aperto, come sempre, quello che parla di alcuni dei suoi aspetti più intimi, della famiglia, dei suoi errori. Lo spunto è il film Lei mi parla ancora, pellicola diretta da Pupi Avati in cui i genitori del critico d'arte, Giuseppe Sgarbi e Rina Cavallini, sono protagonisti assoluti, così come appare il critico d'arte in prima persona.

Intervistato dal Giornale, quando gli chiedono come ha reagito vedendo i suoi genitori in un film, Sgarbi risponde: "Tutto risale a qualche anno fa, quando lessi il primo libro di mio padre. Avevo un ottimo rapporto con lui, ma lo consideravo destinato alla dissoluzione, della memoria e del passato". E ancora: "È un classico: prima ero in conflitto, poi l’ho scoperto a 93 anni... Il titolo del suo primo libro, Lungo l’argine del tempo: memorie di un farmacista, è un riferimento all’idea che, sul fiume, avesse trascorso i suoi giorni più felici, a pescare: da limite fisico, l’argine diventa metafora della vita. E poi ha scritto Non chiedere cosa sarà il futuro, da un verso di Orazio, trovato nella nostra casa a Ferrara, che era stata quella di Ariosto".

 

Quindi l'ultimo libro, Lei mi parla ancora, quello che dà il titolo al film: "Mia mamma era morta, e lui volle fare un libro solo su di lei. L’ultimo, Il canale dei cuori, non l’ha visto stampato. Questi quattro libri compongono la tetralogia di un uomo capace nello scegliere i temi: la guerra, le relazioni, i figli, il tempo...". Quando gli chiedono nella vita, da figlio, come vedesse i suoi genitori, Vittorio Sgarbi spiega: "Mia madre era severa. Sentivo che i miei erano un ingombro, e litigavo con loro; poi però li ho 'rieducati' e sono diventati miei coetanei, hanno assunto il mio pensiero, e mia madre è diventata modernissima". 

Infine, le riflessioni forse più dolorose: "Al dolore non mi sottraggo, soffro adesso di non poter telefonare a mia madre... Mia sorella è stata molto vicina a lei nel declino, è diventata genitore. Io sono stato pessimo: come padre e come figlio", conclude con franchezza Vittorio Sgarbi.

 

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