Nero su bianco

Francesca Albanese, insulti a Israele sul documento ufficiale: "Come i nazisti"

Francesco Specchia

Una miniera d’odio puro. Su Francesca Albanese relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi che da anni si consuma nell’odio viscerale per Israele, aleggia il sospetto di quel che gli psicologi chiamano sindrome da fantasia compulsiva. Trattasi della tendenza alla completa all’inversione della realtà diffusa dalla signora nei talk show più onirici da Mediaset e La7, laddove la “relatrice speciale” immagina i figli di Abramo – che la Shoah l’hanno davvero subita – come gli eredi del Fuhrer; e fa di tutto per convincere di questa bestialità anche il resto del mondo.

Non ci sarebbe nulla di male, anche i terrapiattisti hanno diritto di parola. L’importante è che dicano di essere terrapiattisti. Albanese, no. Albanese utilizza la veste ufficiale che ancora incredibilmente indossa per compilare e pubblicare un rapporto esplosivo sin dal titolo Anatomy of a Genocide, presentato ufficialmente al Consiglio per i diritti umani dell’Onu a Ginevra.

«FONDATI MOTIVI»
E, dal rapporto, spuntano frasi del genere: «Ci sono fondati motivi per ritenere che Israele abbia commesso diversi atti di genocidio nella Striscia di Gaza» dove è stato sganciato esplosivo «equivalente a due bombe nucleari in seguito all’offensiva condotta dopo gli attentati di Hamas del 7 ottobre 2023». E ancora: «La natura travolgente e la portata dell’assalto israeliano a Gaza e le condizioni di vita distruttive che ha causato rivelano l’intento di distruggere fisicamente i palestinesi come gruppo». E qui partendo dai dati raccolti, col fegato rigonfio, la milza infiammata e l’antiebraismo che vibra in ogni fibra dell’essere, Albanese spiega la metodologia seguita per stabilire se Israele abbia o meno un genocidio. Nelle sue conclusioni, il rapporto attribuisce ai raid di Gaza tre dei cinque criteri stabiliti dalla Convenzione internazionale per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio: «omicidio di membri del gruppo» palestinese, «grave danno all’integrità fisica o mentale dei membri del gruppo» e «la sottomissione intenzionale del gruppo a condizioni di esistenza intese a provocare la sua distruzione fisica totale o parziale». Ergo: la distruzione dei palestinesi come soluzione finale, roba da Hitler. Cita inoltre, l’Albanese, dichiarazioni di massimi esponenti istituzionali e politici di Tel Aviv, a cominciare dal presidente Benjamin Netanyahu, l’ «autocrate» il quale in un suo intervento «definì i palestinesi “Amaleciti” e “mostri”». Anche se, nel più puro spirito di servizio pro-Gaza, la vera “Amalecita”, ossia l’oppressore del popolo ebraico, be’, resta l’Albanese stessa.

 

 

La quale affonda i giudizi nel passato del sionismo e nell’opera di «cancellazione» perpetrata dai sionisti dalla notte dei tempi. Sicché, per l’Albanese febbricitante, l’attuale operazione militare sarebbe andata ben oltre il diritto di difesa di Israele, e sarebbe stata mirata allo scopo di genocidio, appunto. Da qui, ecco le sue raccomandazioni alla comunità internazionale: imporre un embargo immediato sulle armi nei confronti di Israele, aprire un’indagine indipendente sul genocidio nella Striscia, e far pagare allo Stato israeliano i costi di riparazione e di ricostruzione di Gaza. Eccetera. Lo Stato d’Israele reagisce al suddetto rapporto, ritenendolo «osceno»: «L’intera premessa dell’argomentazione del relatore speciale è che la stessa creazione dello Stato di Israele sia stato un progetto «colonialista», che negava il diritto di Israele ad esistere... Non sorprende quindi che la premessa di questo rapporto sia che la creazione dello Stato ebraico nel 1948 fu un atto di «colonialismo di coloni», e che il genocidio risulti una «parte intrinseca di quell’atto».

Albanese, prosegue la nota, avrebbe accusato in passato «la lobby ebraica» di soggiogare l’America; ha liquidato le preoccupazioni israeliane sulla sicurezza come paranoie; ha parlato di «avidità di Israele»; ha paragonato le azioni di Gerusalemme a quelle dei nazisti e alle azioni terroristiche, legittimate, di Hamas. Ovvio che, date le premesse non esattamente obiettive, alla richiesta della funzionaria Onu di entrare a Gaza (non ci era mai stata), le autorità israeliane le abbiamo negato l’ingresso. Ora, la rappresentanza israeliana alle Nazioni Unite a Ginevra «respinge totalmente la relazione» e parla di «una campagna per minare la stessa istituzione dello Stato ebraico». La missione diplomatica israeliana ha descritto il rapporto come una «vergogna» per il Consiglio dei diritti umani. Idem per gli Usa che affermano di non avere «alcuna ragione per credere che Israele abbia commesso atti di genocidio a Gaza». E ribadiscono la loro «opposizione di lunga data al mandato di questo relatore, di parte e contro Israele».

 

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LA CHIAMAVANO TERZIETÁ
Insomma, il sacro principio della «terzietà» a cui dovrebbero attenersi i dipendenti di enti internazionali, be’, con l’Albanese è andato abbondantemente a farsi fottere. Tra l’altro, non si comprende come una che ha un marito- l’economista Massimiliano Calì- che ha lavorato per il ministero dell’economia dell’Autorità Nazionale Palestinese; una che ha appeso in cameretta il poster «Boicotta Israele!»; una che ha accusato Israele di «apartheid», «genocidio», «pulizia etnica»; una che nel 2019 è intervenuta a un evento organizzato da un gruppo legato a Hamas; be’, non si capisce come una del genere possa, contro tutte le regole Onu, rimanere ancora aggrappata a quella poltrona. In tutto ciò, l’impavida funzionaria ha avuto il tempo perfino di pubblicare un libro –ovviamente antiebraicoJ’Accuse. J’Accuse, appunto. Che, per inciso, è la frase con cui ogni cittadino di buonsenso dovrebbe rivolgersi a questa sorta di Lady Macbeth a cui l’Onu sta affidando la sua già acciaccata onorabilità...