La parola "genocidio" scatena il dibattito. A Otto e Mezzo, nella puntata in onda martedì 27 maggio su La7, protagonisti di un acceso botta e risposta sono Tomaso Montanari e Paolo Mieli. Tutto ha inizio dalla manifestazione annunciata da Pd, M5s e Avs in difesa delle vittime civili nella Palestina, prevista per il prossimo 7 giugno. Mieli assicura che ci sarà, purché siano ricordati gli ostaggi israeliani: "Se deve essere una manifestazione per Hamas, me ne vado. Chiaro?".
Immediata la replica dello storico dell'arte: "David Grossman, che non è l’ultimo arrivato in Israele, né è accusabile di antisemitismo. ha detto che ciò che ha fatto Hamas, alla luce dei crimini di Israele, oggi è irrilevante. La scala dimensionale è quella di un genocidio, parola che non si poteva pronunciare senza essere accusati di antisemitismo. . Oggi la parola genocidio è pronunciata dalla realtà. E si stanno svegliando tutti". "Ma che bisogno c’è di pronunciare proprio quella parola?", chiede a quel punto il giornalista che continua: "Perché genocidio, campi di concentramento, soluzione finale? Ci sono tante parole per qualificare un errore e si devono scegliere quelle della Shoah? Tu capisci l’implicazione, no?".
"Vedo che gli argomenti sono sempre gli stessi – ribatte Montanari – Il genocidio non è solo quello della Shoah, è quello tibetano, è quello armeno, ce ne sono molti altri. E il punto, come è stato documentato presso la Corte che dovrà decidere con argomenti che hanno fatto ritenere plausibile questa accusa, riguarda il fatto che scientemente si prova a cancellare un popolo, se ne distrugge il patrimonio culturale, lo si affama". Finita qui? Niente affatto: "Ci sono anche le dichiarazioni dei vertici dello Stato di Israele che hanno detto di ritenere responsabili persino i bambini. Ci sono una serie di argomenti forti. Io non ho nessuna pretesa che voi usiate la parola genocidio. Ma credo che chi la usa non solo non possa essere criminalizzato, ma debba essere rispettato".