Il giornalismo con la schiena dritta ha un problema di inchino a sinistra e di improvvisa perdita di memoria. Il quotidiano il Domani è un caso da manuale, perché si propone come baluardo della democrazia e della libertà di stampa, ma viene spesso colto da spaventose amnesie tipiche del deficit cognitivo progressista.
L’editore del Domani si chiama Carlo De Benedetti, un raider tra finanza e industria che ha coltivato la sua passione per l’editoria e la politica facendo il king maker della sinistra con il quotidiano Repubblica e i giornali del Gruppo l’Espresso. Spesso incolonnato nelle cronache come l’Ingegnere (un tentativo impossibile di accostarlo in grandezza naturale all’Avvocato e al Cavaliere), ha avuto i suoi guai con la giustizia (3 novembre 1993, titolo de l’Unità: “De Benedetti in carcere per un giorno”) ma in tribunale ha trovato sempre comprensione e assoluzione, è stato il nemico di Berlusconi e gli scatenò addosso i suoi giornali, agli albori della nascita dei nuovi/vecchi democratici disse che “la tessera numero 1 del Pd” era sua, perbacco.
Anni dopo, De Benedetti fece una correzione di rotta sul suo entusiasmo verso i dem, affermando che si trattava di una “boutade”, un giochetto in francese che tradotto in un italiano credibile si direbbe una paraculata. In uno dei tanti passaggi burrascosi della sua vita da raider tra l’Italia e la Svizzera (se fai il finanziere il passaporto svizzero ti dà una mano), l’Ingegnere finì per lasciare Repubblica ai figli (che poi a loro volta cedettero tutto a John Elkann), messosi a pensare nella sua tenuta nelle Langhe, a Dogliani, l’Ingegnere con un colpo di testa dei suoi ebbe la pensata di fondare il Domani, nel tentativo di farne un clone del giornale -partito che fu di Scalfari e Ezio Mauro. Missione impossibile. Il quotidiano ha sfondato solo i bilanci, mentre alcuni suoi giornalisti sono indagati nel caso Striano, quello del finanziere che passava al Domani informazioni riservate prese dalle banche dati della Guardia di Finanza. Storia oscura, con un bersaglio preciso: la destra, il governo, chiunque fosse un ostacolo per il Partito democratico, miracolosamente immune alle ricerche di Striano e agli articoli del Domani. Non è la democrazia, è il suo inquinamento. Tra le ossessioni del Domani c’è la famiglia Angelucci, imprenditori della Sanità e editori di Libero, il Giornale e il Tempo. I segugi ieri hanno fatto questo grande scoop: “Sanità privata, altro regalo ad Angelucci”. Titolaccio sulla prima pagina, si parla del disegno di legge sulla Concorrenza, dev’essere roba grossa.
No, quel titolo è un penoso falso, non c’è nessun regalo a Angelucci o altri, c’è un provvedimento all’esame del Parlamento che riguarda tutti gli operatori accreditati al Servizio sanitario nazionale. Lo scrive lo stesso Domani, premurandosi però di fare un titolo ingannevole: “Per i principali player del settore – Angelucci insieme a tanti altri, come il gruppo San Donato, Humanitas, e il gruppo Kos – non c’è comunque nessuna novità immediata”. In queste righe s’annida un meraviglioso dettaglio dinastico: il gruppo Kos (13.777 posti letto, 11.714 dipendenti, attivo nel settore delle residenze per anziani, nell’assistenza e nelle cure oncologiche), fa parte del portafoglio di attività della famiglia De Benedetti, è la stessa famiglia del Carlo editore del Domani, colui che nel 1976 fondò la Cir, una holding di partecipazioni che controlla il gruppo Kos con il 59,8% del capitale. Sono i ricchi frutti che passano dal padre ai figli, quella “vita da Carlo” dimenticata nelle cronache, una biografia di famiglia, senza Domani.