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James Bond, in mostra i segreti degli agenti di Sua Maestà

In una esposizione cimeli, trucchi, strumenti e comunicazioni raccolti in 115 anni di storia dell’MI5 britannico. E delle spie nemiche infiltrate nel Regno Unito
di Maurizio Stefanini giovedì 3 luglio 2025

4' di lettura

James Bond in mostra: o quasi. L’agente segreto 007, infatti, era un agente dell’MI6, l’intelligence britannico esterno. È invece dedicata al MI5, l’intelligence interna, la mostra MI5: Official Secrets, in corso dal 5 aprile al 29 settembre presso gli Archivi Nazionali di Londra, per celebrare i 115 anni del servizio di intelligence interno britannico. La cifra non proprio tonda, in effetti, è un po’ strana. Ma il punto è che, probabilmente, con il clima di tensione montante in Europa e nel mondo il ruolo dei Servizi è ridiventato importante: specie nel momento in cui specie da Russia e Cina arrivano massicce campagne di disinformazione in gran parte inusuali per quelli che erano i compiti tradizionali di queste strutture, ma che sfruttano invece a fondo le possibilità dei nuovi Social. Dunque, questa iniziativa inedita svela documenti originali e storie finora sconosciute, che spaziano dal controspionaggio della Prima Guerra Mondiale alla moderna lotta al terrorismo, con l’obiettivo di preservare la fiducia del pubblico e contrastare le teorie del complotto. Uno sguardo senza precedenti dietro le quinte di un Servizio di cui fino al 1989 non si ammetteva neanche ufficialmente l’esistenza.

Tra la ventina di cimeli presentati c’è la prima telecamera utilizzata dall’agenzia per la sorveglianza: una minuscola Houghton Ensignette, acquistata nell’agosto del 1910 per 3,10 sterline dal negozio Army & Navy di Victoria Street a Londra. Una delle due vali gette con monogramma lasciate dalla famosa spia di Cambridge Guy Burgess al Reform Club di Londra, prima di fuggire a Mosca nel 1951. Un piccolo barattolo di talco Yardley, modificato intorno al 1960 da due informatori del Kgb residenti a Ruislip, nella zona ovest di Londra, per contenere un lettore di micropunti e diversi rullini. Le chiavi della sede centrale del Partito Comunista di Gran Bretagna. Un limone avvizzito di 110 anni, trovato nel 1915 in un cassetto della toeletta a casa di Karl Müller: agente di spedizione e presunto rifugiato russo, che l’agenzia sospettava essere una spia tedesca. Müller sosteneva di usare il limone per lavarsi i denti. In realtà, il succo era un efficacissimo inchiostro simpatico, come venne alla luce quando un agente passò un ferro da stiro caldo su una lettera apparentemente innocente diretta a Rotterdam, rivelando un messaggio segreto che dettagliava i movimenti delle truppe. Due minuscole fiale di vetro di stucco al chinino che Knut Brodersen, un norvegese paracadutato in Inghilterra come spia tedesca nel 1944, aveva nascosto negli occhielli dei suoi stivali di pelle. Anche in questo caso lo stucco doveva essere usato per produrre inchiostro simpatico. Tra i reperti più recenti, un proiettile di mortaio sparato nel 1991 dall’Ira nel giardino della residenza del Primo Ministro a Downing Street 10.
La mostra presenta anche confessioni di agenti doppi e riflessioni di agenti attuali sul loro lavoro. L’obiettivo, secondo l’MI5 è dimostrare la trasparenza e la continuità del servizio, evidenziando al contempo le crescenti minacce alla sicurezza che deve affrontare.

«Posso dirvi che la realtà del nostro lavoro è spesso diversa dalla finzione, che si tratti di George Smiley o di Jackson Lamb», ha spiegato il direttore Sir Ken McCallum durante l’inaugurazione. «Lavita dell’MI5 riguarda esseri umani comuni che insieme compiono azioni straordinarie per garantire la sicurezza del nostro Paese. Alcune delle loro storie e dei loro punti di vista emergono in questa mostra. Sebbene gran parte del nostro lavo[1]ro debba rimanere segreto, ciò che vedrete oggi riflette il nostro impegno costante a essere aperti ovunque possibile». In effetti, la necessità di un controspionaggio organizzato come struttura autonoma, si fece sentire all’inizio del XX seco[1]lo, proprio come conseguenza della sfida della Germania di Guglielmo II, sospettata di stare riempiendo l’Impero Britannico di propri agenti. Originariamente nota come Secret Service Bureau, nel 1914 impiegava però ancora solo 17 dipendenti. Ma già alla fine della Prima guerra mondiale il numero era salito a 850, tra cui diverse donne. Edith Lomax, responsabile del personale femminile nel 1918, diceva chele donne erano preziose per la gestione di archivi e schedari, ma che si dovevano assumere solo sotto i 30 anni, «a causa del notevole sforzo che avrebbe imposto al loro cervello». Il punto fu a lungo dibattuto e nel 1945 Maxwell Knight, principale agente dell’MI5 tra le due guerre e anche presumibile modello per il personaggio di James Bond, affermò che, sebbene alcuni ritenessero chele donne non potessero essere agenti adatti perché «governate dalle emozioni e non dal cervello», «la struttura emotiva di una donna equilibrata può essere spesso sfruttata nelle indagini... con la giusta guida». Ma dal 1992 al 1996 Stella Remington fu la prima donna direttore generale del MI5, e dopo essere stata anticipata proprio dai film di James Bond oggi ce ne è una anche alla testa del MI6.

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