Povero Lenin, non bastava l’abbattimento seriale delle sue statue col crollo del comunismo, al primo alito di vento della libertà; adesso in Repubblica Ceca è finito all’indice come un Reinhard Heydrich qualunque, l’odiatissimo simbolo del terrore nazista. Ma mentre a Praga e dintorni nessuno si sognerebbe di indossare una maglietta col volto del Reichsprotektor e generale SS ucciso nel 1942 dai paracadutisti cecoslovacchi giunti dall’Inghilterra per l’Operazione Anthropoid, a qualcuno magari potrebbe venire in mente di sfoggiare sul petto il profilo inconfondibile del rivoluzionario sovietico inventore dei gulag o falce e martello.
E così, ecco bell’e pronta la risoluzione 3/2025 con emendamento all’art. 403 della legge 40/2009 (Codice penale) che prevede da 1 a 5 annidi reclusione a chiunque «istituisca, sostenga o promuova un movimento nazista, comunista o di altro tipo che miri in modo dimostrabile a sopprimere i diritti e le libertà umane, o proclami l’odio razziale, etnico, nazionale, religioso o di classe». Alla lettura della parola “comunista” la sinistra nostrana ha rimesso sul piatto il disco stonato del rigurgito fascista. La questione, prima ancora che politica con l’ennesimo stantio proclama sulle derive autocratiche inesistenti, è invece di puro buon senso. Esaltare la dittatura rossa è casomai sintomo di profonda ignoranza storica, non voler vedere e non voler conoscere. Continuare a fare distinguo di lana caprina su uno dei grandi totalitarismi del Novecento, soprattutto a scapito di chi lo ha subìto sulla sua carne, spalanca un problema che è culturale e ideologico, al quale il progetto legislativo di Praga, per la sua portata, non contribuisce a fornire risposte oltre a quelle repressive d’ordine penale.
Nell’allora Cecoslovacchia i comunisti presero il potere nel 1948 con un colpo di Stato che cancellò con la Seconda anche il ricordo della Prima repubblica che negli Anni ’30 era l’unica democrazia nel cuore dell’Europa. Il regime fu subito liberticida, negatore dei diritti, persecutore di ogni dissenso sino alle estreme conseguenze con l’applicazione sistematica dei processi-farsa in stile stalinista. Come nel caso di Milada Horáková, paladina delle donne e dei diritti, impiccata 75 anni fa con la barbara procedura per strangolamento, e con il regolamento di conti tutti interno tra Klement Gottwald e Rudolf Slánský culminato con 11 condanne a morte su 14 imputati nel 1952. E inoltre la reazione brutale nel 1968 alla Primavera di Praga con l’invasione delle truppe del Patto di Varsavia, l’ondata di terrore, il sacrificio di Jan Palach che per protesta si arse vivo a piazza Venceslao. Questo, e molto di più, è stato il comunismo, e non c’era niente da ridere nonostante negli anni plumbei venisse raccontata sottovoce una barzelletta. Alla frontiera ceco-polacca si incontrano due cani. Quello cecoslovacco chiede all’altro: «Dove vai?». E il polacco: «Da voi per poter mangiare un po’. E tu?». «Da voi per poter parlare un po’». Tipico umorismo boemo.