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Ilaria Salis, 29 denunce e due condanne: il curriculum criminale

di Pietro Senaldi mercoledì 24 settembre 2025

5' di lettura

«Non revocare l’immunità a Ilaria Salis è stata una battaglia vinta per la civiltà e la democrazia» esulta Alleanza Verdi e Sinistra. «Orbàn sarà un problema, ma lo è anche spaccare le teste» replica Carlo Calenda, rimediando l’accusa di aver pronunciato «parole vergognose». L’europarlamentare afferma di essere pronta a sottoporsi a processo in Italia, ma guai se qualcuno le ricorda quello di cui è accusata. La prima linea rossa scende al suo fianco e provvede ad abbatterlo. Vietato contestare il totem, che poi è un grimaldello attraverso il quale la sinistra che si è vista lunedì mettere a soqquadro Milano con il pretesto delle bombe su Gaza sta tentando di sdoganare l’illegalità nelle istituzioni, dopo aver provveduto a renderla moralmente accettabile.

Chi è Ilaria Salis? Una donna senz’arte ma di parte, che si avvia alla mezza età dopo una gioventù poco raccomandabile ed eccessivamente lunga, nel corso della quale ha rimediato 29 denunce e due condanne definitive. Segnalazioni e fermi raccolti nella sua lunga attività di manifestante e protestataria anti-fascista, che l’ha vista indifferentemente invadere edifici pubblici come resistere e prendere a male parole le Forze dell’ordine. La signora è maestra elementare di sostegno e per molti la sola cosa buona del fatto che stia a Bruxelles è che almeno non va a scuola. La sua specialità è l’occupazione abusiva di case. L’Aler, azienda lombarda per l’edilizia popolare, lamenta di avanzare con la signora un credito di novantamila euro per affitti non pagati. Lei non ci sta, e comunque quando ci stava non aveva soldi. Adesso i quattrini ce li ha, visto che un europarlamentare porta a casa, tra una voce e l’altra, più di dodicimila euro puliti, però lo stesso non pensa minimamente ad aprire il portafogli. Eppure, quando si trattava di venir via dall’Ungheria, i 45mila euro di cauzione allo Stato dell’illiberale Orbàn sono stati versati. Questione di priorità.

RESISTENZA
Ma torniamo al penale, che è la ragione della sua fama, in patria e all’estero. La sua croce, perché l’ha vista in manette e in carcere quindici mesi a Budapest e alle prese con la giustizia anche nella democratica Italia, e la sua delizia, perché l’ha portata dove neppure lei si sarebbe mai aspettata, a un seggio parlamentare dell’Unione Europea. Salis è pregiudicata per occupazione di edifici pubblici, con pena definitiva in Cassazione che l’ha condannata a sei mesi di carcere e per resistenza a pubblico ufficiale. Non avendo scontato la pena, non si è redenta e continua a sostenere che «l’occupazione e la resistenza agli sgomberi sono misure reali, rimedi che rispondono al grave problema abitativo che c’è; perché», ci spiega Ilaria, «vivere in una casa occupata è logorante, non è da furbetti».

Insomma, lo fa per gli altri, non per piacere suo. Quando l’anno scorso è morto Rami Elgami, il ragazzo del Corvetto in scooter inseguito dai carabinieri, Ilaria, che nel quartiere è di casa (anche se non sua), si è subito precipitata a difendere i ragazzi in fuga («spinti ad azioni disperate») e ad attaccare le Forze dell’ordine. Se si dicesse che il Salis azione e pensiero è uno spot per l’illegalità, l’europarlamentare si offenderebbe e quindi è meglio prenderla da un altro punto di vista: chi l’ha candidata ha voluto farne un’eroina, ma per molti i 125mila voti che ha preso sono un segnale allarmante di dove sta andando la società. Maestra sì, ma cattiva, come si suole dire, se si pensa al suo esempio e alla sua predicazione.

Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno più salis in zucca di Ilaria e hanno fatto di lei un santino che ha consentito loro di fare il pieno alle urne, strizzando l’occhio al mondo antagonista e alla parte più rossa e ideologica dei radical chic, che l’hanno votata pensando di fare un dispetto alle destre e invece lo hanno fatto all’Italia, mandando un’incompetente dove servirebbero saggezza, diplomazia e sapere. La magistratura ungherese accusa questa donna di avere preso a martellate sulla testa un estremista di destra, con il rischio concreto di ammazzarlo, in complicità con alcuni compagni di ideali, che per quanto antifascisti sarebbe arduo definire democratici, se non altro nei metodi. I suoi colleghi hanno confessato, fatto il carcere, e ora sono tornati da dove erano venuti. Lei, fermata in un secondo momento, secondo l’accusa con un equipaggiamento poco consono a chi vuol soltanto dialogare, nega di aver fatto violenza ad alcuno e per questo la sua vicenda per la giustizia di Budapest non è conclusa. Non ha mai spiegato cosa ci facesse nel gelo invernale di quella città nel Giorno dell’Onore, la celebrazione della resistenza dei nazisti e dell’esercito ungherese alle truppe di Stalin, l’ultimo posto al mondo dove un compagno ben intenzionato vorrebbe essere; ma ognuno in ferie va dove vuole, anche questa è democrazia.

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SORPRESA E FELICE
La sua umiliazione pubblica, quando è stata trascinata in catene in tribunale, si è rivelata per i giochi del destino una fortuna. Certe scene l’Italia non le tollera e il governo di centrodestra, montata l’indignazione popolare, ha ottenuto che fosse rimpatriata, agli arresti domiciliari. Poi la mossa della sinistra di candidarla: la presunta illegalità che diventa vessillo di legalità, a dimostrazione che il campo largo del paradosso sta sempre dalla stessa parte. Oggi Ilaria si dice «sorpresa e felice». In effetti, conti alla mano, deve dire per la seconda volta grazie al centrodestra, visto che, numeri alla mano, qualcuno dei suoi nemici ha votato a suo favore in Commissione Giuridica. Se questa donna ha dato una martellata in testa a qualche essere umano ormai, salvo che l’Europarlamento non ribalti il verdetto e le revochi l’immunità, non lo sapremo mai. Di certo la sua vicenda ha dato una martellata in testa all’Europa, al diritto, alla politica e alla decenza. All’Europa perché ha certificato che l’Unione non è uguale per tutti ma ha figliastri che non riconosce uguali agli altri, come dimostra lo schiaffo all’Ungheria che il verdetto di ieri è.

Al diritto perché l’immunità dei parlamentari non è retroattiva ed è per quel che fanno durante il loro mandato, non è un modo attraverso il quale sospetti criminali evitano di fare i conti con la giustizia. Alla politica perché mettere in lista questa donna significa abbassare di tanti livelli l’asticella minima per essere candidati. Alla decenza perché la vicenda Salis è un invito alla peggio gioventù: fate casino, collezionate denunce, pensate di essere nel giusto senza aver mai combinato nulla di buono e farete carriera.

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