Da tempo Maurizio Landini s'offre. Lui si vede come leader politico del “campo largo”. Ci ha provato con i referendum e ha fatto naufragio. Per lanciarsi, in quella circostanza, aveva pure pubblicato un libro autobiografico, Un'altra storia (Piemme). Oggi, dopo quella disfatta, su Gaza insegue il sindacato di base Usb. Ma sempre per proporsi come capopopolo e guida della sinistra. Certo, ci sono 56 guerre in corso nel mondo, ma quelle non interessano, non c'è per loro una Flotilla, non servono a lanciare proclami, scioperi e carriere politiche. Né a Landini va di organizzare scioperi contro la violazione dei diritti umani in Cina, Iran o Russia. Lo sciopero generale del 3 ottobre per solidarietà con gli allegri crocieristi della Flotilla (che stanno tornando a casa) non c'entra nulla con i lavoratori che hanno ben altri problemi (c'è chi si chiede perché Landini non sfodera con Stellantis la grinta che un tempo mostrava contro Marchionne).
Ma per puntare in alto occorrere gridare “al lupo!”. Come ha fatto il tonitruante comunicato della Cgil che annunciava lo sciopero perché secondo Landinila Marina israeliana che ha fermato la Flotilla rappresenta «un fatto di gravità estrema, un colpo inferto all'ordine costituzionale». Quale ordine costituzionale? Flotilla è stata fermata da un'operazione di polizia della Marina israeliana nel tratto di mare, davanti a Gaza, controllato da Israele. Oggi è una zona in cui è in corso una guerra. Peraltro proprio in questi giorni c'è una concreta opportunità di pace per Gaza. Ma è firmata Trump, perciò Landini la ignora. Inoltre, a proposito di ordine e di leggi, bisognerebbe parlare delle manifestazioni del 3 ottobre. Tutto normale? Non sembra. Il comunicato della Cgil su X è stato sommerso da ironie e critiche.
Ma Landini sa che, con la Cgil, è l'unico, a sinistra, che abbia una macchina organizzativa paragonabile a quello che fu, un tempo, il Pci. E può riempire le piazze. Così punta in alto, come dimostra il suo libro. Non ne consiglio la lettura perché è avvincente quanto il verbale di un Comitato Centrale del Pcus al tempo di Breznev. $ tutto un seguito di riunioni sindacali, piattaforme, documenti, manifestazioni, movimenti, scioperi, vertenze, trattative, contratti, norme e codicilli. Se Schlein rappresenta il mondo del Leoncavallo lui sta in quello del Leoncavillo. Vive assorbito dagli impegni sindacali (non cita un libro letto). Fa anche una certa tenerezza. Vieni Peppone. Anche la sua irruenza è pepponica.
Letta l'autobiografia conferma che Landini è proprio come lo rappresenta Crozza: uno che, ai giorni nostri, si aggira con i gettoni in mano a cercare una cabina telefonica. $ fermo agli anni Settanta. Anche la maglia della salute girocollo visibile sotto la camicia fa molto anni Settanta. Landini li ricorda così: «Nel 1974, è arrivato il mio primo viaggio all'estero. Destino della vita, grazie a una delegazione della Cgil di Reggio Emilia. Eravamo una ventina di ragazze e ragazzi e fummo mandati in campeggio nella Germania dell'Est» (chissà che spasso). Poi il mito di Enrico Berlinguer, la sezione, le feste dell'Unità, la Camera del lavoro. A leggere il libro di Landini non si capisce cosa sia successo al comunismo. Gli dedica solo una riga a pagina 85: «Nel 1989 cadde il Muro di Berlino e si disgregò l'Unione Sovietica». Punto e bene. Niente da dire. Riflessioni zero. Il sindacato Solidarnosc che fu determinante per abbattere il comunismo all'Est non è neanche rammentato. Bandiera rotta la trionferà.