Serviva Francesca Albanese ad aprire gli occhi, forse, a Michele Serra. Anche se le imprese della signora non sembrano ancora in grado di convincere la sinistra che no, così non va e non può andare.
Lo scrittore e firma di Repubblica, diventato negli anni più o meno volontariamente il simbolo degli intellettuali "da salotto" e la voce dei radical chic di tutta Italia uniti, nella sua ultima rubrica L'Amaca si dice "male impressionato" dall'uscita (in tutti i sensi) della relatrice speciale alle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, che domenica sera ha abbandonato lo studio di In Onda su La7.
"Sono tra i tanti bene impressionati dal lavoro" della Albanese, premette Serra: "Ha riferito con chiarezza, e senza reticenze, quanto accadeva e accade a Gaza. E lo ha fatto con responsabilità ben superiori a quelle di un qualsiasi opinionista. Tra tanti burocrati, mi è parsa una persona in grado di restituire finalmente alle istituzioni un linguaggio franco e non ipocrita". E fin qui, la riverenza d'obbligo per chi, a sinistra, considerano inattaccabile e non criticabile.
Poi però Serra inizia a mettere in dubbio il "santino-Albanese", a riconoscerne "la maniera brusca, e molto ex cathedra, con la quale affronta, sulla scena pubblica, le divergenze di opinioni su una materia — i diritti umani — che è delicatissima di per sé, e tanto più dovrebbe esserlo per Albanese, esperta di diritto internazionale e, appunto, diritti umani".
Rispetto allo scontro a La7 con Francesco Giubilei ("Nel momento, non credo casuale, nel quale citando Liliana Segre si è detto in disaccordo con il concetto di genocidio", ricorda Serra) nel recentissimo passato della Albanese spicca un altro antipatico precedente, la lite sul palco con il sindaco di Reggio Emilia che peraltro la stava premiando. In quella occasione la relatrice Onu "gli ha espresso il suo «perdono» (a che titolo?) per avere osato tanto, a patto che mai più si permetta di dire ciò che ha detto". Una immagine emblematica, a cui ora fa il paio la fuga in tv.
Tuttavia, nonostante il quadro poco lusinghiero e l'impressione generale fornito da una "talebana" della causa palestinese, Albanese "su Gaza, è un'autorità, non una militante", conclude Serra. Non solo: "Mentre di militanti se ne trovano a bizzeffe, sono le autorità che difettano", anche se "non credo che il mondo abbia bisogno di rimproveri: ha un disperato bisogno di ragione, di informazione e ove possibile di gentilezza. E volendo entrare anche nel merito della militanza: la sinistra rimproverante ha fatto il suo tempo, è di quella convincente che si sente la mancanza". Squarci di mondo reale, certo, ma offuscati dall'eterno motto dei "compagni che sbagliano".