Dall’intifada al bigodino. Dalla rivolta islamica a quella contro le doppie punte. Il phon al posto della mezzaluna. La musica del salone di bellezza silenzia il muezzin. La coiffeur è il nuovo imam. Free-free Palestine? Sì, d’accordo, ma prima c’è la messa in piega. Compagni: la resistenza contro i coloni israeliani passa anche dall’acconciatura. È intifada permanente.
Francesca Albanese si batte a colpi di spazzola e dal territorio non occupato della parrucchiera ci informa di quant’è dura essere Francesca Albanese: «Buongiorno a tutti», si rivolge ai fedeli e agli infedeli su TikTok, «il mio momento di relax oggi è Nora che ha aperto il negozio di domenica mattina perché io non ce la facevo neanche ad asciugarmi i capelli...». Portatele i salis, pardon, i sali. La relatrice Onu per i territori palestinesi è stremata e però dalla coiffeur trova le forze per sponsorizzare una lettura, non il rapporto in cui non condanna i terroristi di Hamas ma “The world and all that it holds”, di Aleksandar Hemon: «Questo libro lo dovete assolutamente-assolutamente leggere, è bellissimo».
IO SONO IO
La parrucchiera lavora solo per lei. Apertura straordinaria e festiva. Privilegi conquistati sul campo, capiamoci, anzi sul palco, come quello del teatro di Reggio Emilia da cui ha umiliato il sindaco del Pd, Marco Massari, il quale si era permesso di invocare la liberazione degli ostaggi israeliani. Lo stesso sindaco che l’aveva voluta al suo fianco per concederle la cittadinanza onoraria, e magari la prossima volta ci penserà due volte, anche se il riconoscimento per fortuna viene assegnato solo una.
La non avvocata che si pensa Gianni Agnelli – dice che non lo era nemmeno lui – è entrata nella casta del bigodino domenica scorsa per darsi un tono in vista della puntata serale di “Otto e mezzo”, su La7, dov’è fuggita dopo che l’editore Francesco Giubilei le ha chiesto un commento sulle parole della senatrice a vita Liliana Segre.
Albanese sostiene che non è scappata ma era urgentemente attesa altrove, non aveva trenta secondi per rispondere, tempus fugit, l’aspettava “Tintoria”, che non è una lavasecco ma un podcast registrato in un teatro, un altro, da dove ha spiegato: «Ho commesso l’errore di andare in un’altra di queste trasmissioni televisive, le solite trappole in cui se non si fa la zuffa non si è contenti. Me ne sono andata, ho detto basta. Erano le 21, avevo detto che alle 21 sarei andata via per venire da voi. In taxi il tassista ascoltava me e le mie collaboratrici. Mi stavo lamentando di come sia stata presa in contropiede. Il tassista mi ha detto che la gente è con me, non c’era motivo di lamentarmi».
Sono tutti con Francesca Albanese: l’Italia, l’Europa, il mondo. Je suis Francesca Albanese, è una marea inarrestabile. «Io non perdo la pazienza facilmente, ma sono morte 65mila persone. Non volete chiamarlo genocidio ma “Pippo?” Va bene...».
SACRIFICI
Nell’intervista è tornata a parlare delle sue giornate di stenti. «Sto ancora in piedi, con un po’ di pesantezza di cuore ma sto... Ho dormito più di sei ore dopo una decina di giorni in cui ho dormito tre-quattro ore, è stato rifocillante». Avete capito voi che vi svegliate alle sei per andare in fabbrica o in ufficio e vi lamentate? Vergogna! La testimonianza è struggente: «Poi ho chiamato un’amica, avevo capelli inguardabili. Ha trovato una ragazza che mi ha fatto i capelli e non ha voluto essere pagata. “È tutto per te, è il mio piccolo contributo a quello che fai”».
La cittadinanza onoraria gliel’hanno data anche a Bologna – all’Albanese, non alla parrucchiera – dove però dopo le ultime sparate sono già state raccolte 4mila firme bipartisan per revocargliela. A Padova gliel’hanno data un mese fa e vogliono togliergliela. A Firenze dovevano dargliela a breve ma il Comune, dem come Bologna e Padova, sta facendo dietrofront. In caso si consolerà col bigodino d’oro.