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Generale Vannacci e l'Islam: come smonta la sinistra

di Claudio Brigliadori martedì 14 ottobre 2025

2' di lettura

Prendete il prosciutto. Non è una questione di lana caprina, o solo un vezzo da tavola. No, è cultura, è radici, è religione. Il generale Roberto Vannacci, europarlamentare e vice-segretario della Lega, ospite di Mario Giordano a Fuori dal Coro domenica sera su Rete 4 si dimostra in perfetta versione da campagna elettorale. Dritto al punto, incisivo, pane al pane.

Il suo bersaglio preferito, ancora una volta, è il politicamente corretto. In particolare, se la prende con chi vuole eliminare le carni rosse e i salumi dai menù scolastici: «Vedere proibito il prosciutto nelle mense scolastiche è sradicante per noi, perché noi col prosciutto da mille anni a questa parte ci siamo cresciuti - tuona Vannacci -. Così come vedere delle istanze che vogliono proibire il crocifisso nelle aule è sradicante per noi, perché il crocifisso e la Chiesa fanno parte della nostra civiltà da 2.000 anni a questa parte. Quindi oltre all’islamizzazione radicale pericolosa e terrorista c’è proprio il pericolo generalizzato dello sradicamento della nostra società, della nostra cultura, delle nostre radici e della nostra storia». Parole di questo tipo potrebbero facilmente far finire il generale nel calderone dei razzisti.

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«Chi mi accusa dovrebbe leggere la dichiarazione universale dei diritti umani che, all’articolo 13, dice che ogni persona deve essere libera di lasciare il proprio paese - ribatte lui -. Quindi si individua un proprio paese, non è vero che siamo figli del mondo e i confini non esistono e allo stesso articolo 13 si dice che ogni persona ha il diritto sacrosanto di ritornare nel proprio paese. Quindi, quando noi diciamo di voler favorire il ritorno nel proprio paese di chi è entrato illegalmente nella nostra nazione odi chi commette reati, non facciamo altro che promuovere un sacrosanto diritto sancito dalla carta universale dei diritti dell’uomo».

Non è un diritto, invece, sfasciare una città, un Paese, in nome della protesta. «Mentre a Gaza festeggiano una pace o almeno un primo accordo, un primo passo verso lo stop ai bombardamenti, verso lo stop a questa crisi incredibile, in Italia invece continuano a fare le prove di guerriglia e questo vuol dire una sola cosa a conferma di ciò che avevo già detto, cioè che a questi signori della pace a Gaza o del Medio Oriente non gliene frega nulla. Questo non vuol dire manifestare, vuol dire essere violenti, prevaricatori e oppressori del prossimo».

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