Accolto a distanza da un flash mob bipartisan davanti all’aula di Strasburgo, Sigfrido Ranucci è intervenuto da remoto al seminario organizzato dal Parlamento europeo in occasione della quinta edizione del premio “Daphne Caruana Galizia”, in memoria della giornalista di Malta assassinata il 16 ottobre 2017.
Lo stesso giorno- il 16 ottobre, ma del 2025, sinistra coincidenzanel quale il conduttore di Report è stato oggetto dell’attentato davanti alla sua abitazione di Campo Ascolano, in provincia di Roma. Ranucci è intervenuto da romoto, vista la contemporaneità con la manifestazione convocata nella Capitale dal M5S, che proprio lui ha concluso. E da remoto si è fatto sentire anche Roberto Saviano, l’altro ospite.
L’autore di Gomorra ha parlato per primo: una decina di minuti nei quali ha tratteggiato la differenza tra un attentato ai giornalisti «negli anni ’80, negli anni ’90 e nei primi anni 2000» e un attacco oggi, come quello accaduto a Ranucci. La differenza, al di là della solidarietà ricevuta, è che «tra un mese» Ranucci potrà «di nuovo essere portato in tribunale, essere “dossierato” per qualche questione personale ed essere messo da parte sul piano professionale se qualcosa non funziona rispetto ai governi e ai poteri». Una narrazione che si sposa con il comizio di Elly Schlein a Barcellona del 18 ottobre scorso, al congresso dei Partito dei socialisti europei, dove la segretaria del Pd - a proposito dell’attentato a Ranucci- ha accusato l’esecutivo di Giorgia Meloni di mettere a rischio libertà e democrazia in Italia.
LA NARRAZIONE DI ELLY
Non a caso ieri, in una conferenza stampa, la presidente del gruppo dei Socialisti e democratici europei, la basca Iratxe García Pérez, ha suonato la stessa musica della collega dem, affermando che il compito dei progressisti europei è quello di «difendere la democrazia da questi attacchi».
Ranucci - che ha comunque rilevato di essere stato chiamato dalla premier Meloni, che gli ha espresso solidarietà - ha preso la parola in questo clima. «Quello che è successo a me è un atto intimidatorio», ha premesso. Gli ordigni di Pomezia rappresentano «un salto di livello rispetto alle minacce costanti» ricevute «da anni», non tutte rese pubbliche. Poi il giornalista di Report ha iniziato a sfiorare temi più politici, schierandosi per esempio a favore dello European Media Freedom Act: «Servono strumenti per liberare i media dall’influenza politica». Non è solo il servizio pubblico a dover essere «slegato dalla politica» ed essere dotato di «risorse certe». Questo «riguarda anche altri organi di informazione, anche i giornali», non solo la Rai. Ranucci cita esplicitamente Antonio Angelucci, parlamentare della Lega, «un editore che gestisce tre importanti giornali (il riferimento è al gruppo editoriale che comprende i quotidiani Libero, Il Giornale e Il Tempo, ndr)» le cui pagine si sono «spesso prestate a un’opera di delegittimazione delle nostre inchieste e del sottoscritto in momenti anche molto delicati e molto particolari». Un «editore che detta in alcuni casi l’agenda del governo».
Non solo: «Altri giornali si sono addirittura augurarti la mia morte», rammaricandosi del suo ritorno dallo tsunami nell’oceano Indiano del 2005. Il riferimento è al quotidiano Il Foglio, che in una delle sue rubriche Andrea’s Version - giocando in modo dissacrante sul paradosso aveva scritto: «Per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare». Affermazione che il conduttore ha evidentemente preso sul serio. Nota a margine: l’autore della rubrica, Andrea Marcenaro, dopo l’attentato aveva messo, ancora ironicamente, le mani avanti: «Mi dichiaro innocente».
LE DENUNCE DEM
All’Europarlamento, in aula, Sandro Ruotolo (Pd) ha ricordato che l’Italia «è il primo Paese in Europa per giornalisti minacciati: 516 solo nel 2024. In questo clima è esploso l’attentato contro Ranucci. I giornalisti sono colpiti con intimidazioni, querele temerarie, delegittimazione, spionaggio illegale. Quando si zittisce un giornalista, si ferisce la democrazia». La narrazione Schlein. Due giorni prima, Ruotolo aveva accusato la maggioranza- «la destra continua a occupare la Rai e a minare l’indipendenza dell’informazione» - di aver delegittimato «il giornalismo d’inchiesta». E «se si è isolati, si è più facilmente bersagli».