Lele Mora, cosa ha in mano? «La posta, guardi qui». Sono tutti cd. «Gli artisti mi cercano ancora perché in questi anni ho sempre lavorato Lele Mora, anche se appare poco, è sempre quel Lele Mora là. Quello che cerca talenti, promuove serate, fa affari («C’è chi dice che sono diventato povero, ma non è vero»), lancia artisti e che è rinato dopo l’arresto, il fallimento, il carcere, la depressione e un tumore. L’agente dei Vip più famoso d’Italia che ha 70 anni ed è un bisnonno felice- è tornato a vivere nella provincia di Verona («Milano mi ha stufato») e, tra una telefonata e un sms («Guardi qui, mi ha scritto un big della canzone»), si racconta: gli inizi in una famiglia di contadini, il convento, l’ascesa, il successo, il lusso, le amicizie famose. E poi il clamoroso tonfo.
segue dalla prima (...) senza fermarmi. Ora sto organizzando tre eventi dedicati a Nilla Pizzi, Battisti e Califano».
Lo scorso gennaio, però, vendeva pellicce al mercato di Torino.
«Per gioco. Un amico di Lugano aveva 20mila capi da liquidare ed era disperato, gli ho detto: “Semi dai una bancarella ci penso io”».
Ci è riuscito?
«Le pellicce sono andate esaurite - ovviamente a prezzi speciali- in due soli sabati. Scusi, mi è arrivato un messaggio».
Lo legga pure.
«È un mito della canzone che chiede come va, non le dico chi è per privacy».
Addirittura un mito?
«Che c’è di strano? Mi sento anche con Papa Leone».
Non esageriamo. Come farebbe a conoscerlo?
«Guardi che è vero, l’ho incontrato grazie al cardinale Parolin, che era in convento con me da ragazzino».
Poi approfondiamo. Ha incrociato anche altri Papi?
«Sono stato amico degli ultimi sette, da Giovanni XXIII in poi».
Quello con cui ha avuto più confidenza?
«Wojtyla: siamo andati insieme a Cuba».
Racconti.
«Un giorno, nel 1997, sono in Vaticano, in Sala Nervi, e mi chiama il segretario del pontefice: “Dottore, Sua Santità la vuole in ufficio”. Raggiungo il Papa: “Mora, è vero che lei conosce bene Fidel Castro?”, mi domanda. “Sì, se vuole lo chiamo perché ho il numero privato”».
E come mai lei, in quel periodo, è così intimo col Líder Máximo?
«Perché gli organizzo il Festival del sigaro a L’Avana e, una volta, gli porto pure, per tre mesi, Gina Lollobrigida».
Dicevamo del Papa.
«Telefono a Fidel e risponde la moglie: “Maria, sono con Wojtyla che vorrebbe parlare con tuo marito”. “Ora sta facendo la siesta”. E io: “Sveglialo perché il Papa è il Papa”.
Glielo passa e stanno al telefono un’oretta, poi Giovanni Paolo II mi guarda: “Mora, vado a Cuba. Però deve accompagnarmi perché è lei che mi ha presentato Castro”».
Così partite.
«Sto attaccato a lui per tutto il viaggio e, il 21 gennaio 1998, assito alla messa in Plaza de la Revolución davanti atre milioni di fedeli. Fidel è felicissimo».
Ha conosciuto altri grandi leader politici?
«Quarantuno capi di Stato tra cui i due Bush. Una volta il figlio, per il compleanno, regala al padre una partita a tennis con Bjon Borg. Il campione svedese, in quel periodo fidanzato con la Bertè, porta pure lei e me. Bella giornata, ma solo a distanza di anni, nel 2001, io e Loredana capiamo chi era quel tipo strano tra gli invitati alla Casa Bianca».
Cioè?
«Bin Laden».
Urca. Lele, torniamo a noi.
«Scusi, prima rispondo al cellulare. “Sì, va bene: facciamo a dicembre con le tigri”».
Non per essere invadenti, ma cosa sta organizzando?
«Vado a Napoli a fare il domatore nel Circo Orfei, quello del marito di Brigitta Boccoli: mi esibirò tutte le sere per un mese».
È la prima volta?
«No, ma ora ha un sapore diverso perché sono vecchierello: ho 70 anni e li sento».
Però è in forma.
«Mi sono rimesso».
È stato male?
«Tumore. Quando sono uscito dal carcere mi hanno trovato un sarcoma tra il polmone e il rene, probabilmente causato dallo stress. Sono stato operato nel 2015, ora devo solo fare un controllo ogni 5 anni».
Come mai è tornato avivere a Villafranca?
«Milano non mi piaceva più, mentre in provincia si sta bene. Qui sono vicino a tutto: l’autostrada e l’aeroporto sono a due passi».
Viaggia spesso?
«Mi muovo per serate, incontri, affari».
Guadagna ancora bene?
«Sì, ma non sono fissato con la ricchezza e, dei soldi, non me ne è mai fregato molto. Anche perché le mie origini sono semplici».
Torniamoci, al piccolo Dario Gabriele Mora. A proposito, il nome all’anagrafe quale è?
«Dario, ma tutti da sempre mi chiamano Emanuele. Nasco a Bagnolo Po, provincia di Rovigo, il 31 marzo 1955. Papà Arno e mamma Marina sono contadini: siamo 6 fratelli - 3 maschi e 3 femmine -, ma uno di noi, Mario, muore a soli 18 mesi per una broncopolmonite. Io sono il quarto».
Famiglia unita?
«Molto, i miei genitori non ci sono più e mi mancano. Posso raccontarle un aneddoto?».
Certo.
«Un giorno invito a cena, a casa nostra, Vittorio Emanuele, sua moglie Marina Doria e il figlio Emanuele Filiberto: mamma, emozionatissima, si inginocchia: “Il mio Re, il mio Re!!”».
Lei politicamente ha preso dai suoi genitori?
«Io non sono fascista, ma mussoliniano perché mio nonno, grazie alle leggi del Duce, riceve in regalo 200 ettari di terreno avendo tantissimi figli.
Pensi che la casa in cui nasco è chiamata la “fabbrica dei bambini”».
Come è, lei, da piccolo?
«Tranquillo. I miei mi fanno lavorare in campagna, ma il sogno è studiare».
Lo realizza?
«Grazie a un frate cui mio padre regala regolarmente sacchi di grano: accetta di portarmi con lui in convento e mi trasferisco dai gesuiti. Esperienza bellissima che mi forma perché studio latino, greco, il Vangelo. E poi...».
...poi?
«Lì conosco Piero Parolin, attuale segretario di Stato della Santa Sede, che è mio coetaneo».
Lei però non prende i voti.
«A 15 anni capisco che non ho la vocazione e vado ad Andria, ospite di un collegio di suore orsoline, per frequentare la scuola alberghiera».
Poco dopo, a 19 anni, si sposa.
«Con Giovanna, napoletana. Nascono Diana e Mirko, ma nel 1982 divorziamo: è troppo gelosa».
Ora è nonno?
«Sì e bisnonno di Giulia e Pietro, di 6 anni e 2 anni».
Restiamo alla sua gioventù: primo lavoro?
«All’Hotel Excelsior al Lido di Venezia, dove durante il Festival del Cinema conosco i primi personaggi del mondo dello spettacolo. E capisco che il mio futuro sarà quello».
Nel 1975 apre un locale: il “Lele club” di Verona.
«È il primo ritrovo gay italiano, frequentato da Nurayev, politici, giornalisti, calciatori e pure qualche prete».
A cambiarle la vita, però, è Giampiero Malena.
«È il manager di Pippo Baudo, Beppe Grillo e tanti altri. Mi dice: “Sei paziente, educato e premuroso, perché non diventi agente come me?”. E mi apre tutte le porte facendomi entrare in Mediaset».
Di cosa si occupa?
«Fatma Ruffini, che è la donna che ha mille idee e decide tutto, mi chiede di lavorare per “Scherzi a parte” insieme con Marco Balestri, un genio. Lui inventa gli scherzi, io porto i vip. E il mio guadagno è soprattutto se faccio firmale la liberatoria alle vittime».
Già, perché lei ha già molti contatti.
«I primi amici sono Gianna Nannini e Zucchero».
Ha uno sguardo buffo.
«Senta questa. Zucchero in quel periodo ha appena composto “Pippo”, il brano che dice “Pippo, che cazzo fai?”, perché un amico architetto gli ha portato via la moglie. A Pasqua viene a trovarmi: “Lele, sono molto giù di morale e ho fatto un sogno: per guarire devo andare dalla Madonna nera in Camargue, in Francia”».
Partite all’avventura?
«Con la mia auto. Appena arrivati organizzo una serata meravigliosa con i Gypsy King, ma non basta a fargli tornare il buon umore. Poi, però, scopriamo che proprio in quei giorni c’è la festa della Madonna a Saintes-Maries-de-la-Mer, paesino di pescatori. Zucchero si illumina e va in chiesa. Quando esce, ore dopo, è felice: “Ho scritto una canzone, torniamo subito a casa che sistemo la musica e le parole”».
Che brano è?
«“Miserere”, poi cantato da Bocelli e Pavarotti. Un successo planetario».
Musica, ma non solo. Lei si introduce presto anche nel mondo del calcio.
«Paolo Rossi, Pelè, Maradona e Caniggia sono alcuni dei miei amici e...».
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..con Caniggia, però, finisce nei guai nel 1989.
«Mi arrestano per spaccio di droga, ma in realtà vogliono solo farmi dire cose che non so su Maradona. Il magistrato è pressante: “Dove prende la cocaina Diego?”. Gli rispondo: “Se vuole sapere quante fighe cambia ogni settimana le posso raccontare i dettagli, ma della droga non so nulla».
Lei ha mai “pippato”?
«Detesto gli stupefacenti e non li ho mai sfiorati».
Un ricordo di Maradona?
«Persona generosa, sempre ponta ad aiutare gli altri. Purtroppo l’hanno sfruttato portandolo fino alla morte».
Pelè?
«Una volta, nella mia villa di campagna a Madonnina di Prabiano, si mette a giocare nel campetto in giardino ed è il caos: quelli del ristorante a fianco fanno la fila per vederlo».
È la famosa casa in cui, in quegli anni, ospita i vip?
«Sì, un paradiso: tavola sempre imbandita, camino acceso, io cucino polli ruspanti e verdure dell’orto. Non immagina quanti personaggi incredibili passano di lì».
Facciamo qualche nome.
«Patty Pravo, la Bertè che si è appena sposata con Borg, Stallone, Fiorello - cui presento io Anna Falchi -, la Vanoni, Fred Bongusto, Jovanotti, Ramazzotti, Ornella Muti, le ragazze di “Non è la Rai”, Pierre Cosso del “Tempo delle mele” e anche Poncherello di “Chips”, in quel periodo fidanzato con Gianina Facio. Pensi che lei, per un po’, sposta perfino la residenza da me».
Addirittura?
«In quegli anni siamo intimi e lei, ex di Iglesias e Bosè e poi moglie di Ridley Scott, mi allarga le conoscenze alle star internazionali».
Lele, nel 1998 lei abbandona la provincia per trasferirsi a Milano. Come mai?
«Mi ritrovo i ladri in casa che mi legano e mi puntano la pistola alla tempia. Mi spavento e decido di andarmene».
Però fa un salto di qualità.
«Compro un intero palazzo per ospitare tutti i “bimbi”, come chiamo i miei artisti, e i divi del mondo».
Qualche nome straniero?
«Un giorno mi chiama un amico: “C’è un attore che sta girando un film a Parigi e presto diventerà importantissimo: deve stare qualche giorno a Milano, posso farlo venire da te?”. Non lo conosco, ma accetto».
Chi è?
«Leonardo Di Caprio. Mando il mio aereo privato a prenderlo e lo ospito una settimana, poi lo riaccompagno personalmente in Francia e nel suo hotel incontro Madonna, con la quale vado a Torino al concerto di Michael Jackson».
Lei accoglie star internazionali, ma costruisce anche molti personaggi da zero. Come Costantino Vitagliano.
«Lo conosco che fa spogliarelli per mille euro a sera: con me il cachet sale fino a 10mila euro senza doversi spogliare».
E Walter Nudo?
«All’ultimo momento, a “L’Isola dei famosi” edizione 2003, devono sostituire Ringo. Mi domandano se ho qualcuno e propongo lui. Lo avviso e gli do una maglietta: “Walter, vai e torna vincitore, però questa t-shirt non te la devi mai togliere”. In quel modo il marchio “Datch” fa il boom: il vero grande guadagno, in quel periodo, arriva con gli sponsor».
Anche perché Nudo, a sorpresa, vince il reality. Come è la storia dei voti comprati?
«Pago i call center per far partire sms e telefonate con la mia preferenza, investendo anche più di 50 mila euro».
Lo fa solo con Nudo?
«No, anche altre volte finché, nel 2011, diventa vietato per legge».
In quegli anni lei è il re degli agenti dei Vip, fattura cifre da capogiro e vive nel lusso. C’è una sua immagine iconica (quella nella foto grande ndr) che riassume tutto: è disteso che si fa coccolare i piedi da due uomini.
«Amo la riflessologia plantare, ecco è il motivo del massaggio. Nella foto ci siamo io, Francesco Arca e Cristiano Angelucci nella villa in Sardegna: questa immagine fa il giro del mondo e diventa famosissima, tanto che ad un certo punto...».
Cosa succede?
«Ricevo una chiamata da un personaggio speciale che mi confida: “Lele, tu sì che sai goderti la vita”. Però non mi chieda di fare pure questo nome».
Certo che deve farlo.
«Vabbè, solo perché insiste: Giorgio Armani».
Meraviglioso. Ma lei come guadagna tutti quei soldi: oltre agli sponsor che percentuale ha sui contratti?
«Se sono personaggi famosi il 10 per cento del loro cachet, se lo sono un po’ meno il 20, se li creo io il 50».
Qualche spesa esagerata da super ricco?
«Due ville in Sardegna con un’unica piscina che contiene acqua di mare. Una volta, invece, dono una borsa di Hermes da 330mila euro a Lady Gaga. Poi compro l’aereo privato, due Porsche e sette Bentley».
Molte delle quali le regala a Fabrizio Corona con cui, l’ha raccontato lei ai pm, aveva una relazione.
«È durata 15 anni. In passato negavo, per rispetto di Nina Moric, sostenendo fosse solo un rapporto platonico. Ma ormai posso ammetterlo: stavamo insieme in tutti i sensi».
Lui, però, non conferma.
«Per proteggere i figli».
Un pregio e un difetto di Corona?
«È intelligentissimo, ma si fa male da solo».
Vi sentite ancora?
«Non più».
Lele, ma lei quando ha scoperto la sua bisessualità?
«Nel tempo. Da giovane a volte ero attratto da qualche ragazzo, ma non mi interessava approfondire».
Qualche vip che le piaceva da giovane?
«Caniggia non era male».
Oltre a Corona ha avuto altri uomini?
«Certo e anche nomi importanti. Ma questi, veramente, non posso svelarli».
Allora torniamo alla sua carriera. Proprio quando è al top - soldi, fama successo - il 20 giugno 2011 la arrestano: bancarotta fraudolenta.
«Ho un debito con l’ufficio entrate e sto trattando un accordo, non immagino un epilogo così. Sono seduto alla scrivania e, nel sottopancia delle televisioni, leggo: “Arrestato Lele Mora”. Mi sembra impossibile, ma dopo tre ore arriva la Guardia di Finanza».
E finisce nel carcere di Opera.
«Dove resto 407 giorni in isolamento con sorveglianza a vista e, quando esco di cella per incontrare gli avvocati, mi seguono 7 guardie. Vuole sapere la cosa più incredibile?».
Dica.
«In quei mesi mi capita di vedere Toto Riina passeggiare tutto solo. Capito? Mi trattano come se fossi più pericoloso di un boss mafioso...».
Come è la vita in prigione?
«Un inferno. Entro che peso 118 kg ed esco che sono 68».
Altri detenuti famosi, a parte Riina?
«Nella cella a fianco è rinchiuso Olindo della “Strage di Erba” e ci parliamo ad alta voce: entrando in confidenza mi convinco che è innocente».
In quei 407 giorni si deprime e tenta il suicidio.
«Meglio non ricordarlo, è un gesto da condannare».
Solo un accenno, se le va.
«È la vigilia di Natale, vengono a trovarmi i miei figli e, quando se ne vanno, mi sento perso. Dalla lampada mezza rotta vicino al letto, allora, stacco lo scotch, mi metto un asciugamano in bocca e mi incerotto. Mi salva una guardia».
Come esce dalla crisi?
«Grazie all’orto-terapia, quando mi concedono la possibilità di coltivare verdure, e a una visione notturna».
Cioè?
«Mi sveglio di soprassalto e la cella è illuminata da una luce pazzesca. È Padre Pio che mi tranquillizza: “Stai sereno, tra pochi giorni andrai a casa».
Tempo qualche mese ed effettivamente la liberano per concludere la pena in affidamento ai servizi sociali: come è, poi, il ritorno alla vita reale?
«Difficile anche perché mi ritrovo senza niente: mi hanno sequestrato tutto. Inizialmente, poi, faccio fatica a uscire di casa e affrontare gli sguardi della gente».
Il mondo dello spettacolo, durante il carcere, le è stato vicino?
«Tanti artisti si sono allontanati: potevano mandarmi anche solo una cartolina e non l’hanno fatto. Dietro le sbarre ho capito quali erano i veri amici».
Chi non l’ha mai abbandonata?
«Iva Zanicchi e Gigi D’Alessio».
Lele, ultime domande veloci.
1) Rapporto con la religione?
«Sono credente».
2) Paura della morte?
«No, come si nasce così si muore».
3) La donna più bella incontrata?
«Gianina Facio».
4) L’uomo?
«Anthony Delon».
5) L’affare più geniale?
«Portare la Ventura alla Rai».
6) Il personaggio televisivo che le piace di più ora?
«Maria de Filippi è la migliore».
7) Ha tatuaggi?
«Solo uno sul braccio: la “LM” che era il marchio della mia agenzia».
8) Qualcuno che vorrebbe riabbracciare?
«Berlusconi, un amico vero. Mi chiamava 10 volte al giorno e quando i Vip mi chiedevano di farli invitare ad Arcore dicevo di no: non volevo contaminare il nostro rapporto. La sua morte è stata una mazzata».
9) Lei è stato due volte in carcere: ha paura della giustizia italiana?
«Come dissi una volta ai cronisti dopo l’interrogatorio con il magistrato Woodcock: “Male non fare, paura non avere».
Lele, ultimissima domanda. I suoi racconti sono da film e alcuni aneddoti sembrano inverosimili: quante bugie ha detto in questa intervista?
«Nemmeno mezza. Anzi, sapesse quante altre cose clamorose ho tralasciato...».