Non meriterebbe neanche un lungo articolo, Salvatore Baiardo, favoreggiatore dei boss stragisti Filippo e Giuseppe Graviano, condannato per falso e calunnia, uno che da una vita chiede soldi in cambio di rivelazioni sempre smentite, uno che da settimane è ospitato come un oracolo da Massimo Giletti su La7 – che spiace dirlo, impiegherà anni a nettarsi le scarpe dall’escremento che ha pestato – e insomma lui, Baiardo, incarcerato dal 1995 al 1999 e giudicato inattendibile da molteplici fonti giudiziarie e giornalistiche: tanto che gli unici che gli hanno dato retta, nonostante l’inaffidabilità gli fosse incisa sulla fronte oltrechè sulle carte, sono stati Report su Raitre all’inizio del 2021 e appunto Giletti da qualche settimana, contribuendo così a riavvelenare e raffrescare pozzi da tempo prosciugati.
A scanso di equivoci: Baiardo ha detto talmente tante sciocchezze che non è riuscito neppure a ottenere lo status di collaboratore di giustizia, e il fango che in questi giorni sta rigettando sui fratelli Berlusconi (tra altri) si è seccato più volte per via giudiziaria, come detto: ma gli insuccessi delle procure ormai vengano riproposti per via mediatica e questa cosa viene chiamata giornalismo.
Il primo a smentire e a dichiarare inattendibile Baiardo fu il procuratore Giuseppe Nicolosi (oggi a Prato) che negli anni Novanta fece parte del pool di magistrati fiorentini che indagò sulle stragi mafiose: il 18 gennaio scorso, a Skytg24, ha precisato oltretutto che sulle stragi «abbiamo fatto cinque inchieste, senza ottenere risultati che potessero essere spesi in un processo». Baiardo, con un memoriale di quattro pagine, cercò di smentire ciò che risulta in giudicato dalle sentenze, ossia che Giuseppe Graviano premette il bottone del telecomando che ammazzò Paolo Borsellino e la scorta in via D’Amelio. Questo tentativo di depistaggio ha cercato di ricordarlo anche il collega Enrico Deaglio, in collegamento con Giletti su La7, ma è stato letteralmente zittito da un intervallo pubblicitario.
QUANTI BUCHI
Anche l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli in più occasioni ha notato come Baiardo abbia cercato di minimizzare i delitti dei fratelli Graviano. Baiardo, già a suo tempo, giunse a scrivere che Giuseppe Graviano, il giorno dell’attentato, fosse con lui nella sua storica gelateria «Pastore» di Omegna, sul lago d’Orta, in Piemonte, finanziata dai Graviano che in latitanza furono suoi ospiti. Baiardo faceva loro anche da autista con la sua Mercedes 190, dividendo l’incarico col (poi) «traditore» Fabio Tranchina. Non è propriamente un nordico, Baiardo: è cugino della moglie di Cesare Lupo (fedelissimo dei boss di Brancaccio) ed è imparentato anche coi Greco, quelli del «Papa della mafia» Michele.
Baiardo, a Omegna, è stato anche consigliere comunale per il Psdi (e suo padre assessore, oltrechè stimato capostazione) e aveva residenza a Lesa, sul Lago, anche se era domiciliato presso Castano Primo. A Omegna c’è anche suo fratello Vincenzo col quale ha diviso qualche affaruccio. Sulla sua inaffidabilità si è espresso anche il colonnello dei Carabinieri Andrea Brancadoro: il 6 marzo 2020, durante il processo «Ndrangheta stragista», interrogato dal pm e dal legale dei Graviano, arrestati a Milano nel tardo gennaio 1994, Brancadoro disse che «Baiardo subito dopo il suo arresto ci disse di essere pronto a collaborare e, dietro la corresponsione di un ingente somma di denaro, di darci il modo di avviare delle indagini sul mondo economico di alto livello di Milano. Le informazioni diceva di averle avute da Graviano. Parlò di una società Euromobiliare che gestiva supermercati e che non abbiamo mai trovato. Mi resi subito conto che le sue notizie sul rapporto fra Graviano e Berlusconi erano inconsistenti: ritenemmo Baiardo del tutto inattendibile».
Durante il processo «Ndrangheta stragista» anche il dirigente di Polizia Francesco Messina parlò dei tentativi di Baiardo di tirare in ballo Berlusconi, ma le sue dichiarazioni non finirono in nessun’inchiesta perché Baiardo non le confermò: «Era difficile trovare una logica nel suo comportamento, non c’è mai stata una grande collaborazione». Ha aggiunto il dirigente: «Il dottor Patronaggio e il dottor Caselli vennero da Palermo alla Dia di Milano per sentirlo.
Lui fu convocato e all’apertura del verbale disse che non aveva nulla da riferire». Qua e là, tuttavia, Baiardo aveva buttato nel pozzo anche notizie su incontri tra Silvio Berlusconi e i Graviano (sempre smentiti) più uno con Paolo Berlusconi, che ha riferito che Baiardo lo minacciò palesemente. Baiardo aveva parlato anche di relazioni dei Graviano col finanziere siciliano Alberto Rapisarda e con Marcello dell’Utri.
Ma passiamo ai giornalisti. Il primo che amplificò le parole di Baiardo fu Vincenzo Amato, giornalista locale della Stampa che tempo dopo lo liquiderà così: «La mia personale impressione è che lui venda un po’ di fumo per cercare di ritagliarsi un qualche spazio. Non mi sembra del tutto credibile... è anche noto per altri piccoli guai giudiziari, truffe da mille euro». Baiardo raccontò ad Amato di avere appuntamenti a Palermo con quelli de L’Espresso e che doveva anche andare a Matrix su Canale5, ma erano balle, anche secondo i magistrati: «Su La Stampa più di tanto non gli abbiamo dato spazio perché non volevamo neanche prestarci», ha detto Amato. Il quale è stato una buona fonte per molti altri giornalisti, compreso Enrico Deaglio (che ai Graviano ha dedicato un bel libro) al quale Baiardo, in trasmissione su La7, si è rivolto sinistramente proprio a proposito delle sue fonti.
I FINTI TONTI
Nel 2012 ci caddero anche Peter Gomez e Marco Lillo del Fatto Quotidiano, che riportarono dichiarazioni di Baiardo su una villa da lui affittata in Sardegna per i Graviano nel 1992 (a 200 metri da quella di Berlusconi, disse) ma nel tempo Gomez ha capito l’inaffidabilità del personaggio, tanto che domenica sera, sempre da Giletti, ha inveito e alzato i toni contro Baiardo dandogli dell’avvelenatore di pozzi con un innegabile «atteggiamento mafioso». Il 4 gennaio 2021 ci cadde anche Report di Raitre (volontariamente, a questo punto) che già intervistò Baiardo anche a proposito della fattualmente inesistente agenda rossa del giudice Borsellino, mai ritrovata. Sempre a Report, Baiardo anticipò cose poi «rivelate» anni dopo a Giletti sui rapporti fra Silvio Berlusconi e la mafia, riparlando della vacanza dei Graviano in Sardegna vicino alla villa di Berlusconi. Insomma niente di nuovo e tutto di vecchio: più una patente di inaffidabilità che passa da Baiardo direttamente ai giornalisti che fingono di riscoprirlo. «Perché Berlusconi non lo querela, se è inattendibile?» si è chiesta una squalificata collega durante la trasmissione di Giletti, domenica sera; «così capiamo qualcosa di più», ha fatto eco un altro. Così si ricomincerebbe: cause, carte, processi, verbali da pubblicare e ripubblicare per anni.