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Elly Schlein, "occhio a questi due nomi": quando esploderà il Pd

di Claudio Brigliadori lunedì 27 febbraio 2023

5' di lettura

Sul Pd targato Elly Schlein c'è già la data di scadenza? Dalle primarie dem esce un partito che è un po' come uno yogurt inacidito, un po' impazzito come la maionese. Difficile che la neo-segretaria scivoli sul rinnovamento dell'apparato di partito, dopo aver improntato una intera campagna elettorale invocando la "discontinuità" e il regime-change al Nazareno. Il paradosso di essere stata sostenuta da Dario Franceschini, Peppe Provenzano o Andrea Orlando è già stato offuscato dall'entusiasmo generale per il nuovo che avanza, e la Schlein che pure si ammanta della nomea di "pasionaria" (quasi una dilettante della politica, come se fosse un complimento) ha esperienza sufficiente e naso (etrusco o meno) per comprendere che sarà chiamata a breve a scelte impietose.

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UNA POLTRONA PER FRANCESCHINI
D'altro canto, sarà lo stesso Franceschini a comprendere come, per poter sopravvivere politicamente, dovrà nell'immediato concedere la propria poltrona per rientrare dal portone tra qualche mese, magari con una bella maxi-candidatura da governatore (Emilia Romagna, al posto del povero Bonaccini?) o in Europa. No, il problema non sarà Dario che potrebbe accontentarsi, si fa per dire, di un ruolo dietro le quinte, insieme a Goffredo Bettini
 

ESSERE DONNA OGGI
Il problema non sarà nemmeno la cruciale (per parte degli elettori del Pd, perlomeno) questione "di genere". La Schlein, che ha accusato Giorgia Meloni di essere troppo poco femminista, imbottirà il suo partito di donne. Di nomi, per la verità, non ce ne sono tantissimi perché tante big (a partire dalle capogruppo di Camera e Senato, Malpezzi e Serracchiani, hanno sostenuto Bonaccini), ma qualcuna è già in pole: Michela Di Biase, oggi deputata, ex capogruppo in consiglio comunale a Roma ai tempi della Raggi e soprattutto moglie proprio di Franceschini, fortunata coincidenza. Nella squadriglia ci saranno anche la piemontese Chiara Gribaudo, che ha festeggiato nel migliore dei modi i suoi 10 anni a Montecitorio, e l'altra deputata Chiara Braga, che attualmente occupa il ruolo di responsabile di Transizione ecologica e Sostenibilità Infrastrutture nella Segreteria uscente di Enrico Letta. Un ruolo cruciale, per Elly.


LA BOMBA ZELENSKY
No, la vera mina pronta a esplodere con conseguenze politiche che qualcuno sta già immaginando è quella della guerra in Ucraina. "Un anno fa la Schlein era contro il riarmo e l'invio delle armi - ha ricordato con una punta di sadica soddisfazione Marco Travaglio a Tagadà -, poi per quieto vivere ha votato a favore. Ora sarà libera di prendere la sua decisione e imporre la sua linea". Che potrebbe essere drammaticamente distante da quella di Bonaccini e della parte di Pd che lo ha sostenuto e drammaticamente vicina, viceversa, a quella di Giuseppe Conte, il Movimento 5 Stelle e lo stesso gongolante Travaglio. Non avere ruoli istituzionali né di governo concederà alla Schlein mani libere per presentarsi come la anti-Meloni in tutto e per tutto, anche in politica estera, e lucrare voti pesanti alle amministrative con slogan pacifisti. Il fatto che il Pd possa rivedere Palazzo Chigi tra qualche anno renderà tutto più facile, anche digerire lo sconcerto delle cancellerie internazionali, da Washington a Bruxelles passando per la Nato, a cui Enrico Letta aveva giurato fedeltà. Sarebbe una chiusura definitiva al Terzo Polo di Calenda e Renzi e un abbraccio mortale ai grillini, ma potrebbe tradursi anche in una crescita sostanziosa nei sondaggi. Benzina necessaria per acquisire nuova forza nei prossimi mesi. D'altronde, non è un caso che il tema guerra sia stato il meno presente nell'agenda di Schlein e Bonaccini in questi mesi. Ma se il governatore emiliano ha sempre avuto una posizione chiara, in linea con gli assetti atlantici, quella della segretaria è assai più sfumata, indefinita. Proprio per non compromettere strappi futuri. Dai Bonaccini-boys, non a caso, sottolineano come "il primo banco di prova" per la tenuta del Pd sarà la guerra. Se lo chiede Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e sostenitore dì Bonaccini: "Da qui si vedrà se il Pd resta il mio partito". Se lo chiedono quelli che temono una deriva di Elly "alla Ocasio-Cortez, alla Corbyn, alla Mélenchon". 

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NICO E ARTURO, UN BEL PROBLEMA
"Saremo un bel problema per il governo di Giorgia Meloni", ha annunciato con orgoglio la notte della vittoria la Schlein. "Da domani saremo pronti a riorganizzare l’opposizione nel paese. Per tutelare i lavoratori e alzare i salari. Per la scuola pubblica. Saremo qui a fare le barricate contro la privatizzazione della sanità. Per vie legali e sicure per i migranti, per arrivare in Europa. Per l’ambiente, perché non c’è più tempo". Non una parola, nemmeno una, sulla guerra e sulle armi. Notava Elena De GIorgio su L'Occidentale: "Solo di una cosa non parla Schlein, la invasione russa della Ucraina. Putin che ammazza civili e manda a morire i suoi senza alcun rispetto della vita umana. Neppure una parola sulle armi alla Ucraina che si difende dalla aggressione, sulla Nato e sulla Europa impegnata a difendere Kiev. Magari oggi Schlein si ricorderà che c’è una guerra, sanguinosa, alle porte della Unione Europea. Intanto incassa un bene, brava bis dal partito di Conte". Che caso. Senza contare le convergenze di Elly e Giuseppe con "una serie di personalità e ambienti quasi tutti con forti collegamenti più o meno organici o dialettici con Xi Jingping" e la Cina. Una bella prospettiva. Senza contare il fatto che per ripagare Articolo 1 del sostegno ricevuto ai gazebo, un aiuto talmente sostanzioso da ribaltare per la prima volta nella storia del Pd il voto degli iscritti nei circoli (dove aveva stravinto Bonaccini), in queste ore si parla sempre più insistentemente di un ruolo e una poltrona che finiranno anche a Nico Stumpo e Arturo Scotto. Il primo è l'ex responsabile organizzativo del Pd targato Bersani, poi scappato a gambe levate dal partito con l'arrivo di Matteo Renzi e la scissione di Speranza e compagni. Il secondo ha un passato con Sel e Nichi Vendola ed è coordinatore di Articolo 1. Il 23 gennaio scorso alla Camera si è votato sulla proroga del rifornimento di armi a Kiev. Da oggi forse troveranno una sponda molto in alto nel loro "nuovo" partitone di sinistra.

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