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Roccella a Elly Schlein: "Chi nega le identità non difende le donne"

di Fausto Carioti martedì 7 marzo 2023

Eugenia Roccella

6' di lettura

Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità e deputata di Fdi, ha qualcosa da dire ad Elly Schlein: «Non può difendere le donne chi nega la loro identità in nome della fluidità di genere». Filosofie opposte, quella del governo e quella della nuova segretaria del Pd. E la seconda filosofia, spiega Roccella, rappresenta una minaccia ai diritti delle donne.

Ministro, la Giornata internazionale della donna è vicina. Come la trascorrerà?
«A New York, per partecipare alla riunione della commissione Onu sulla condizione delle donne. Sempre più spesso le politiche sono elaborate e promosse dagli organismi sovranazionali e molte decisioni passano da lì, a volte senza che neanche ce ne accorgiamo. È importante esserci».

Sarà il primo 8 marzo con un presidente del consiglio donna, ed è toccato a una donna di destra. Ha un significato particolare?
«Certo. Non solo perché questo è il primo governo guidato da una donna, ma perché la leadership di Giorgia Meloni non è improvvisata: è solida, maturata in una militanza appassionata e tenace. Se dovessi sintetizzare il suo metodo in uno slogan, direi che Meloni sa governare da leader e non da follower».

Fuori dallo slogan?
«Meloni non insegue il consenso immediato, ma si assume la responsabilità di scelte difficili, spiegando agli italiani che queste scelte produrranno un risultato di lunga durata. È stato così per le accise, per il superbonus, per la politica estera. È la leadership solida di cui parlavo, e credo che sia la ragione per cui a sfondare il tetto di cristallo è stata una donna di destra. E per la stessa ragione, a differenza di altre “prime volte”, questa “prima volta” sta lasciando il segno».

Si riferisce anche a ciò che è successo nel Pd?
«Sì, le primarie del Pd sono la paradossale dimostrazione del segno lasciato da questo governo. La vittoria di Elly Schlein è anche un prodotto dell’“effetto Meloni”».

Pochi giorni fa è stata eletta la prima donna ai vertici della Corte di Cassazione, Margherita Cassano. Oltre a lei, al capo del governo e al leader del primo partito d’opposizione, sono donne il presidente della Corte Costituzionale e il direttore dei servizi d’intelligence. Con una simile presenza ai vertici delle istituzioni, hanno ancora senso i discorsi sul “tetto di cristallo” e le politiche sulle quote rosa?
«Sulle quote ho un’opinione molto laica. Non le amo, soprattutto se intese come qualcosa di strutturale. Possono invece essere strumenti “ortopedici” per stimolare un cambiamento. Se in un determinato ambito, dopo un periodo di quote, la presenza delle donne diventa naturale, l’ortopedia ha funzionato. In caso contrario si troverà sempre un modo per aggirarle. Alle donne va soltanto fatto spazio, creando le condizioni per concrete pari opportunità di partenza. Se queste ci sono, le donne vanno avanti da sole, con la loro forza e le loro capacità».

Dice Elly Schlein: «Non ce ne facciamo nulla di una donna presidente del consiglio che non si batte per migliorare la condizione di vita di tutte le altre donne del Paese». È un’accusa non solo alla premier, ma a tutto il governo e alle donne che ne fanno parte. Cosa risponde alla segretaria del Pd?
«Che le sue parole sono l’esatto capovolgimento della realtà. Il governo lavora per migliorare la vita quotidiana delle donne, perché riconosce la loro identità, e quindi le loro esigenze. Elly Schlein invece è fautrice della fluidità di genere, che ovviamente non c’entra nulla con l’orientamento sessuale. Se la differenza tra donna e uomo, che è a fondamento della comunità umana, annega nel mare del genere indifferenziato, come si può essere dalla parte delle donne? Il tentativo di fare della neo-segretaria del Pd la paladina della donne, in contrapposizione a Giorgia Meloni, proprio non attacca».

Anche lei non è stata tenera, ministro. Ha scritto che la vittoria della Schlein certifica «la trasformazione della sinistra, come partito o come ceto intellettuale di riferimento, nella casa liquida del “dirittismo” da Ztl, à la page nei grandi centri urbani, così distante non solo dall’idea di responsabilità, ma anche dai diritti autentici che discendono dalla centralità della persona». Cosa si attende dalla prima donna alla guida del Pd?
«La aspettiamo alla prova dei fatti, ma qualche elemento di valutazione già lo abbiamo. Nel parlamento europeo, ad esempio, Schlein ha bocciato un emendamento per combattere l’utero in affitto, pratica alla quale evidentemente è favorevole. Un anticonformista autentico, come Pier Paolo Pasolini, temeva che la sinistra italiana avrebbe accolto la filosofia dei diritti individuali in un contesto di “ideologia edonistica e falsa tolleranza”, escludendo la marginalità e la vera diversità. Vedremo presto se aveva visto giusto».

Da parte vostra c’è un continuo riferimento alla maternità. I padri non contano niente?
«Ci mancherebbe! I padri contano moltissimo. Ma non tener conto della specificità della maternità significa non cogliere il senso della differenza tra uomo e donna. E significa soprattutto non capire perché, in tante parti del mondo, le donne oggi vengono oppresse e penalizzate. Il discorso vale in primo luogo per Paesi come l’Iran o l’Afghanistan, ma, seppure in modo del tutto diverso, anche da noi, per esempio nell’ambito lavorativo».

Di quali penalizzazioni parla?
«Chi è che si dimette dal lavoro dopo la nascita di un figlio? Le donne, mica gli uomini. Per quanto si dica che le responsabilità vanno condivise, ed è sacrosanto, la verità è che la gravidanza, il parto, l’allattamento al seno, con tutto quello che ne consegue, restano un’esclusiva delle mamme. Il fatto che le donne possano ospitare nel proprio corpo un altro corpo è il cuore della differenza sessuale. Per quanto un padre possa essere splendido, per quanto ci possa essere piena condivisione, la gravidanza, l’essere due in uno, non può essere condivisa. E non si tratta di una questione “meramente” fisica: la maternità è un evento grande, che cambia la vita per sempre. Potremmo parlarne per ore».

Da sinistra le risponderebbero che per il vostro governo le donne sono soltanto madri.
«Macché, tutto questo non vuol dire schiacciare le donne sulla maternità, vuol dire esattamente il contrario. Negando la differenza sessuale si finisce per limitare la libertà delle donne. Se infatti non si prevedono strumenti specifici per una donna che voglia essere madre, mettendola nelle condizioni di poter avere i figli che desidera senza per questo chiudersi in casa, il risultato è che la donna dovrà scegliere fra la rinuncia al lavoro e la rinuncia alla maternità. È stato detto che è ingiusto trattare in modo diverso persone uguali, ma lo è anche trattare in modo uguale persone diverse. In una società costruita sull’uomo, dove l’organizzazione del tempo e degli spazi non considera la maternità, alle donne non resta che adeguarsi al modello maschile, e quindi non fare figli, oppure farli e rischiare di dover rinunciare al lavoro e alle aspirazioni».

Per aiutare le donne in maternità avete scelto la strada del codice di autodisciplina per le imprese. Non sarebbe stato più efficace introdurre obblighi?
«Il codice è solo uno strumento, accanto ad altri. Ovvio che da solo non basta, ma può aiutare. Promuove una cultura. Noi abbiamo fiducia nelle persone, nelle imprese, nelle reti diffuse di volontariato, nella sussidiarietà, insomma nelle risorse spontanee che ci sono nel nostro Paese. Sul piano del welfare aziendale ci sono già molte buone pratiche, e per le imprese scommettere che la nostra società possa tornare a essere vitale e non spegnersi nel declino demografico significa, in fondo, scommettere sul loro stesso futuro. Per combattere il calo di natalità è necessaria la collaborazione di tutti i soggetti in campo, incluse le aziende e i sindacati».

Cosa altro devono attendersi le donne italiane dal governo?
«Devono attendersi pieno sostegno da parte di un governo guidato da una leader politica che è anche mamma, e che conosce bene la fatica di conciliare le due cose. In pochi mesi, con un’emergenza energetica che si è mangiata decine di miliardi, abbiamo messo in campo risorse che hanno pochi precedenti. E la fase strutturale deve ancora venire. Vogliamo rendere le donne libere di esprimere il proprio potenziale, libere di essere se stesse. Non come una specie protetta dal Wwf, ma con la consapevolezza di essere la metà dell’umanità e una fonte di ricchezza per tutti». 

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