Il discorso di Giorgia Meloni alla Cgil è stato uno di quelli che fanno la storia. Il premier ha dato una lezione di stile all'assemblea rossa guidata da Maurizio Landini. Dopo 27 anni un premier sbarca sul palco della Cgil. E la parte più importante di questo intervento alla Cgil è nel finale. Il premier ha affermato: "Io a differenza di Maurizio Landini ritengo ancora aperto questo confronto. Non lo considero chiuso. Per il Paese sono disponibile ad ascoltare tutti, anche coloro che sono più lontani da me. Il confronto è necessario e utile. Ci sono ottime ragioni per confrontarsi con schiettezza e con le ragioni che ognuno di noi rivendica legittimamente".
LEZIONE MONUMENTALE
Insomma la Meloni in poche frasi ha aperto un'autostrada al sindacato rosso che da tempo rifiuta ogni dialogo con questo governo. Per capire la portata delle parole del premier bisogna fare un piccolo passo indietro e inquadrare l'intervento della vicesegretaria della Cgil, Gianna Fracassi che incalzata da Lilli Gruber a Otto e Mezzo sul perché il sindacato contestasse una riforma fiscale che va a mettere più soldi nelle tasche dei lavoratori, ha risposto balbettando: "La contestazione non è nel merito ma nel metodo, siamo stati coinvolti troppo tardi". Ovvero, contestiamo la Meloni a prescindere e non per i contenuti della riforma che il Cdm ha varato. E a rendere enorme il successo della Meloni nella fossa dei leoni della Cgil sono gli applausi ricevuti al termine del suo intervento. Qualche contestatore ha mostrato la Costituzione al passaggio del premier. Un gesto superfluo che non ha per nulla intimorito la Meloni. Dopo quasi 30 anni è caduto il muro tra palazzo Chigi e la Cgil.
IL SEGNALE PIU' FORTE
E come ha sottolineato la stessa Meloni: "Doveva essere il premier più lontano dalle idee politiche di questo sindacato a farlo". Un'altra lezione che ribalta tutti i paradigmi: è la destra che cerca un confronto con la sinistra. Una sinistra che ha sempre sbandierato l'arte del dialogo e della mediazione. La stessa sinistra che si arrocca dentro le mura del sindacato per siglare accordi anti-Papeete e per millantare alleanze che i sondaggi già bocciano sul nascere. E Maurizio Landini ha raccolto in parte l'invito della Meloni affermando che "bisogna imparare ad ascoltare per avere il diritto di essere ascoltati". Insomma, il colpo messo a segno dalla Meloni nel tempio rosso passerà alla Storia, con buona pace dei rosiconi rossi che pagherebbero gli Dei per un vedere coi loro occhi un solo errore del premier...