C’è un caso di scuola sulle politiche di reazione ai flussi migratori irregolari, che certamente va analizzato. Ed è quello del Regno Unito, che segna per il primo trimestre del 2023 un calo del 17% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È un esempio di quanto il deterrente politico sia significativo per il contenimento degli arrivi. È noto, infatti, quanto il tema dell’immigrazione clandestina sia fortemente d’impatto per le opinioni pubbliche dei Paesi d’approdo e il premier inglese Rishi Sunak, per tentare di arrestare il calo di consensi del partito conservatore, ha posto il contrasto al fenomeno come punto qualificante della sua attività di governo.
Nel suo primo discorso pubblico di quest’anno, il 4 gennaio scorso, indicando 5 «impegni fondanti per costruire un futuro migliore per i nostri figli e nipoti», accanto ad obiettivi di quadro economico-sociale, all’ultimo punto scandiva: «Varare nuove leggi per fermare le piccole imbarcazioni degli scafisti e assicurare che quanti entrano illegalmente» nel Paese «siano detenuti e prontamente espulsi». Erano, in sostanza, i prodromi di quella normativa che di lì a qualche settimana avrebbe preso forma, ossia l’“Illegal Migration Bill”, un disegno di legge che poggia su un principio molto perentorio: chi da clandestino in Regno Unito non potrà chiedere asilo e sarà espulso il prima possibile. E poi non potrà nemmeno fare rientro nel Regno in un momento successivo o presentare in qualsiasi modo domanda perla cittadinanza.
TRAGHETTI
Quest’intesa, poi, è stata rilanciata dal governo Sunak (ne è dimostrazione il recente viaggio del ministro dell’Interno britannico Suella Braverman a Kigali) e il Ruanda ha già ricevuto una sovvenzione di 140 milioni di sterline. A corollario del disegno di legge, che ha superato tre settimane fa il primo passaggio alla Camera dei Comuni, poi vi sono in cantiere altre misure. Il trasferimento degli immigrati illegali, in attesa di espulsione, dagli hotel a strutture diverse, come vecchie basi militari ormai non più utilizzate (la Bbc ne avrebbe già individuate due). Così come è allo studio la possibilità, ma su questo non c’è ancora conferma, di utilizzare per lo stesso scopo anche dei traghetti, su modello di quanto già fatto in passato dall’Olanda (che poi abbandonò questo genere di iniziative per le troppe polemiche).
La stretta in corso del Regno Unito ha suscitato, nelle scorse settimane, numerose polemiche, a partire dall’Onu, dalle Ong ed è in corso un braccio di ferro con la Cedu per quanto riguarda i trasferimenti in Ruanda. Peraltro, nonostante il passaggio del primo gradino parlamentare, anche una parte dei conservatori (tra cui l’ex Primo ministro Theresa May) ha espresso contrarietà alla normativa. Ma i numeri, come si è visto, ne irrobustiscono la funzione preventiva. In quadro che vede, a monte, il senso dell’integrazione: a volere tutto questo è un Primo Ministro immigrato di seconda generazione.