Per capire la portata del fallimento del reddito di cittadinanza, dello spreco che ha rappresentato e rappresenta (ancora per poco: quest’anno è stato ridotto a sette mesi, dal 2024 cambierà tutto), bisogna scorrere i dati diffusi ieri dal Viminale sul “Click day”, ossia il giorno (il 27 marzo) in cui i datori di lavoro hanno inviato al ministero dell’Interno le richieste per assumere lavoratori stranieri, anche con contratto stagionale. Di ognuno il datore doveva indicare il nome, la nazione di provenienza e il settore di impiego (edilizia, meccanica, turistico-alberghiero...). I numeri nazionali già si sapevano: le istanze trasmesse sono oltre 252mila, ma il “decreto flussi” prevede, per l’anno in corso, l’ingresso in Italia di “soli” 82.705 lavoratori extracomunitari, in aumento rispetto ai 69.700 del 2022. A sorprendere sono invece le regioni e le provincie dalle quali è giunta la maggior parte delle richieste di manodopera immigrata: in cima ci sono la Campania e Napoli, che però guidano anche la “classifica” del numero di percettori del reddito di cittadinanza. Dunque le aree d’Italia in cui la manodopera risulta più scarsa, al punto che gli imprenditori chiedono al governo di “importare” nuove braccia dall’Asia, dall’Africa e da Paesi europei non comunitari come Albania e Macedonia, sono le stesse in cui risultano esserci più disoccupati che chiedono allo Stato di essere sostenuti tramite l’assegno voluto dai Cinque Stelle.
Tutti questi numeri dipingono un quadro molto chiaro: in Campania c’è una disperata carenza di manodopera per lavori relativamente semplici che richiedono un livello di istruzione minimo, come quelli nell’agricoltura e nell’edilizia. Solo in questa regione mancano oltre centomila lavoratori, per impieghi soprattutto (ma non solo) stagionali, e la situazione è tale che gli imprenditori devono andarli a cercare al di fuori dell’Unione europea. Il quadro dipinto dalla distribuzione dei percettori del reddito di cittadinanza rappresenta invece una situazione molto diversa. Secondo l’ultima rilevazione, relativa al mese di febbraio, le famiglie campane che lo ricevono sono 212.004 (pari a 546.293 persone), il 24% del totale nazionale, per un importo mensile medio di 666,32 euro. A Napoli gli assegni erogati sono 134.924, a Salerno 25.166 e a Caserta 37.675. È l’affresco di una popolazione con un’enorme quota di senza lavoro: perché non lo trovano, perché non lo cercano o perché non lo dichiarano.
È ovvio che non tutti i beneficiati dal sussidio, per ragioni di età o di salute, potrebbero lavorare nei campi o sollevare mattoni. Ma basta affiancare le tabelle per vedere che in Campania, per ognuno di quei 109.716 lavoratori extracomunitari richiesti, ci sono 2 individui che incassano la prebenda: nessuno di loro sarebbe in grado di svolgere le mansioni di quegli immigrati? Gli uffici che dovrebbero mettere a lavorare i destinatari dell’assegno, cosa hanno fatto sinora per impiegarli nei settori dove c’è quella grande richiesta di manodopera poco qualificata? I numeri, insomma, dicono che il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha avuto le sue buone ragioni, nei giorni scorsi, a dire che deve lavorare nei campi «chi è sul divano e prende il sussidio». Lo ha ripetuto anche ieri: «Esiste una richiesta di manodopera da parte del settore agricolo che resta insoddisfatta. Credo, allora, che chi oggi non è occupato, e spesso manca di formazione scolastica adeguata per inserirsi nel mercato del lavoro, tanto da dover ricorrere a sussidi di Stato, possa guardare con interesse al lavoro agricolo».