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Fmi: il mondo rallenta, l'Italia riparte

di Sandro Iacometti venerdì 7 aprile 2023

3' di lettura

L’Italia non si ferma. Anzi. Dopo le ombre di recessione che hanno oscurato le stime degli scorsi mesi e alimentato le speranze dei gufi, ora l’obiettivo è addirittura di un Pil all’1%. Cifra che però il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha deciso di non mettere nel Documento di economia e finanza che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri martedì, preferendo attestarsi su una previsione «prudenziale» dello 0,9%. Resta il fatto che il 2023 sarà sopra le attese formulate alla fine dello scorso anno, quando si parlava ancora di una crescita allo 0,6%, come messo nero su bianco nella Nadef di autunno. Per il deficit si passa invece dalla stima programmatica del 4,5% al tendenziale 4,35%. Un miglioramento che potrebbe anche aprire qualche margine di spesa in più per il governo, che avrebbe risorse aggiuntive per i provvedimenti ritenuti prioritari, come la delega fiscale.

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PRUDENZA - In ogni caso, i dati che saranno inseriti nel Def, spiegano dal ministero dell'Economia, seguono l'approccio di cautela e serietà fin qui usato, tanto che tra le stime disponibili, viene fatto notare, per cautela si è scelto di utilizzare il valore più basso. Lo stesso Giorgetti, parlando lo scorso sabato a Cernobbio, aveva evidenziato che le prospettive sono in miglioramento e «ci aspettiamo variazioni congiunturali positive del Pil nella prima metà dell'anno, che ci porteranno a rivedere leggermente verso alto l'obiettivo di crescita per il 2023 precedentemente indicato dello +0,6%. Per il prosieguo dell'anno pur essendo possibile una ulteriore accelerazione dell'attività economica, per motivi prudenziali continueremo ad assumere un ritmo moderato di crescita». Anche perché, se come sottolineato dall'Ufficio parlamentare di bilancio «l'economia italiana mostra segnali di ripresa moderata nel primo trimestre del 2023» e «l'incertezza si riduce nel breve termine per il sistema italiano», nel medio periodo invece «prevalgono i rischi al ribasso sulla crescita e al rialzo sull'inflazione». A pesare, secondo l'Upb, il conflitto ucraino ma anche «elementi potenzialmente avversi» che riguardano «i tempi di attuazione del Pnrr, le tensioni finanziarie globali, la persistenza dell'inflazione e i rischi climatici e ambientali». Anche perché è vero che la flessione dell'inflazione degli ultimi mesi si rafforza, grazie al calo dei prezzi energetici e all'attenuazione delle spinte a monte della catena di distribuzione Bankitalia la stima in calo al 6,4% sui 12 mesi e al 5,3% e 4,8% sugli orizzonti rispettivamente a 2 anni e tra 3 e 5 anni- ma restano «moderate pressioni sui prezzi dei beni alimentari e di alcuni servizi che continuano ad alimentare la componente di fondo e il carrello della spesa; vi sono quindi ulteriori rincari delle spese più frequenti per beni di prima necessità, che incidono soprattutto sulle famiglie con redditi più bassi».
Per Bankitalia è migliorato il giudizio delle imprese sulla situazione economica del Paese, e «nell'ultimo anno i prezzi praticati dalle imprese hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti ma, per la prima volta dalla fine del 2020, rallenterebbero nei prossimi 12 mesi in tutti i comparti, a eccezione di quello dell'edilizia residenziale».


CRESCITA GLOBALE - Le ragioni della prudenza vedono anche il Fondo monetario internazionale prevedere una crescita mondiale debole per quest'anno, al di sotto del 3% e intorno a quella cifra per i prossimi cinque anni, nella previsione a medio termine più bassa dal 1990, 33 anni fa, e ben al di sotto del +3,8% degli ultimi due decenni. «Questo rende più difficile ridurre la povertà, risanare le cicatrici della crisi del Covid e offrire nuove e i migliori opportunità per tutti», ha dichiarato la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva,. In particolare, secondo le stime del Fondo, gli Stati Uniti e l'area dell'euro stanno rallentando per effetto dei rialzi dei tassi di interesse, che pesano sulla domanda. Georgieva ritiene che comunque le banche centrali debbano continuare ad alzare i tassi, perché «non ci può essere una robusta crescita senza stabilità dei prezzi o senza stabilità finanziaria». 

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