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Anpi, antifascismo? No, l'unico obiettivo è far cadere Giorgia Meloni

di Alberto Busacca sabato 15 aprile 2023

3' di lettura

Cosa vuol dire essere antifascisti ai giorni nostri? È questa la domanda da cui parte Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale dell’Anpi, nel suo libro Antifascisti adesso. Perché non è ancora finita (Mimesis edizioni, euro 12), disponibile da ieri. Al termine delle 120 pagine del volume, si può dire che l’idea dell’autore in soldoni è questa: essere antifascisti ai giorni nostri significa essere contro il governo Meloni e lavorare per riportare al potere la sinistra. Tutto legittimo, naturalmente, ma sembra più un programma di partito che non una riflessione sui valori della Resistenza. Ma vediamo, nel dettaglio, le idee di Pagliarulo sui principali argomenti trattati nel suo libro.

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FRATELLI D’ITALIA

Un capitolo è interamente dedicato al movimento di Giorgia Meloni. Domanda: Fratelli d’Italia è un partito fascista? Secondo Pagliarulo si può parlare di «componenti di fascismo in sospensione». Detto in maniera più chiara: «Non si può negare l’evidenza, e cioè che la cultura e i costumi del fascismo permeano gran parte del partito della Meloni e sono elemento fondamentale della stessa biografia della leader. Ma non si può neppure, in linea di principio, negare la possibilità che la presidente del Consiglio operi un radicale ripensamento delle basi della sua formazione politica. Le premesse, comunque, non dicono molto di buono».

CRAXI E VIOLANTE

Per molti anni, spiega Pagliarulo, «l’antifascismo esprimeva un’egemonia culturale “in progress”, nel senso di una direzione di marcia ideale e morale condivisa». Poi, però, le cose sono cambiate: «Se l’antifascismo è stato una diga contro ogni rigurgito reazionario, qualche segnale di cedimento si cominciò a vedere negli anni Ottanta. Fu nel 1983 che il presidente del Consiglio incaricato, Bettino Craxi, decise per la prima volta di aprire le consultazioni anche al Movimento sociale. Anni dopo, nel 1996, nel suo primo discorso da presidente della Camera, Luciano Violante affermò: “Occorre sforzarsi di capire i motivi per i quali migliaia di ragazzi e ragazze si schierarono dalla parte di Salò”. Le parole di Violante aprirono di fatto un vulnus nella coscienza antifascista e rappresentarono, secondo molti, la circostanza simbolica che consentì, accelerandolo, quello scivolamento iniziato anni prima e destinato a indebolire e poi in parte a demolire i bastioni dell’antifascismo». Tutta colpa di quei “fascisti” di Craxi e Violante, insomma...

FOIBE E ESODO

Il leader dell’Anpi, naturalmente, non poteva non dedicare una parte del volume alla questione foibe: «Una scadenza istituzionale a cui seguì uno specifico rilancio della narrazione neofascista o afascista fu l’approvazione della legge del 30 marzo 2004, n.92 (Istituzione del Giorno del ricordo)». E poi: «Nel nostro Paese si è costruita negli ultimi anni una narrazione a egemonia neofascista e postfascista. Occorre contrastare la rilegittimazione strisciante del fascismo storico e la contestuale delegittimazione della Resistenza. Basti pensare alla campagna su Norma Cossetto, che simboleggia il tentativo di capovolgere il paradigma vittimario, di accreditare una visione degli avvenimenti secondo cui le vittime della violenza non sono più i partigiani e i civili, ma i fascisti e gli “italiani”. Per non parlare delle foibe, che rimangono - sia chiaro- eventi da condannare senza esitazione, ma che sono spiegabili storicamente».

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COSTITUZIONE E PARTITI

E arriviamo alle battaglie di oggi. Per prima cosa, naturalmente, la difesa della Costituzione: «Va denunciato che la forma di governo da essa stabilita sarebbe sconvolta dalla riforma presidenzialista». Ma poi c’è un problema più vasto. Posto che dopo il voto del 25 settembre 2002 l’antifascismo «ha perso simbolicamente la sua forza egemonica», bisogna correre ai ripari. Come? «Forse si intravede qualche luce nel travaglio in corso nelle forze politiche di centro e di sinistra e nel recente rinnovamento del gruppo dirigente del Pd». Il punto di partenza è la piazza antifascista di Firenze del 4 marzo, in cui, oltre all’Anpi, c’erano Elly Schlein, Giuseppe Conte e Maurizio Landini: «È possibile, a partire da quell’episodio, che la complessa macchina dell’unità democratica si rimetta in moto». Tutti insieme contro le destre, allora. Ma l’antifascismo, secondo Pagliarulo, non era un valore di tutti? 

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