Anpi
Caro direttore, l’attenzione delle sinistre e di una parte dei media è concentrata sulla partecipazione o meno del premier Meloni e di esponenti del governo alle manifestazioni per la ricorrenza del 25 Aprile. Allora, specie da parte di chi come il sottoscritto ritiene che si tratta di una ricorrenza storica molto importante, vanno visti anche molti altri aspetti di questa giornata simbolica. Nella manifestazione del 25 Aprile un ruolo importante è svolto dalle cosiddette organizzazioni partigiane. Ci permettiamo di usare la parola “cosiddette” senza voler mancare di rispetto a nessuno, ma per rilevare che mentre nel passato queste sigle erano rappresentative di partigiani realmente combattenti negli anni ’43-’45, adesso, purtroppo, per ragioni anagrafiche, di partigiani combattenti ancora viventi ce ne sono pochissimi, ragion per cui sono in campo sigle storiche attraverso le quali però si esprime per molti aspetti l’autoreferenzialità di gruppi, spesso molto politicizzati, che arrogano a se stessi un ruolo di rappresentanza che per vari aspetti presenta notevoli forzature.
Insomma per dirla in modo un po’ piatto, quando si è nati nel 1949, solo con uno sforzo di fantasia ci si può presentare come rappresentanti genuini dei partigiani che hanno combattuto nel ’43-’45. Le cose non si fermano qui. È storicamente incontrovertibile che la Resistenza partigiana in Italia è stata caratterizzata dalla presenza di forze politiche molto diverse l’una dall’altra: monarchici, liberali, democristiani, azionisti, repubblicani, socialisti, trotzkisti, per farci capire meglio basta fare alcuni nomi emblematici: da un lato Edgardo Sogno, monarchico, liberale, «anticomunista totale», dall’altro Luigi Longo che ha rappresentato la posizione comunista ortodossa e Pietro Secchia, che ha dato voce a quei comunisti che avrebbero voluto trasformare la Resistenza ai nazisti e ai fascisti repubblichini in una nuova guerra civile per la conquista del potere da parte del Pci e dei suoi alleati, peri socialisti era in campo Pertini, futuro presidente della Repubblica e in mezzo democristiani come Enrico Mattei e Albertino Marcora.
Questo pluralismo si è tradotto nel corso della Resistenza in una molteplicità di partiti e di organizzazioni. E qui veniamo ad un’altra questione: la tendenza prevalsa in questi ultimi anni è stata quella di considerare l’Anpi come l’unica organizzazione dei partigiani. Ciò non è stato mai vero. L’Anpi è stata l’organizzazione dei comunisti e di una parte dei socialisti. Nel 1948 dall’Anpi uscirono i partigiani cattolici e gli autonomi che costituirono la Federazione Italiana Volontari della Libertà (Fivl) e nel 1949 nacque la Fiap composta dalle Formazioni partigiane che avevano come riferimento il Partito d’Azione, e i partiti Liberale, Repubblicano, Socialista e Socialdemocratico. Ebbene, anche per effetti del covid, questo pluralismo è stato sospeso a vantaggio dell’Anpi. Le cose però non si fermano qui, anzi proprio ai giorni nostri diventano ancora più complicate. Infatti, l’Anpi, a nostro avviso in modo del tutto indebito e anzi irresponsabile, negli ultimi anni ha invitato alle manifestazioni del 25 aprile, le organizzazioni palestinesi.
Questo invito non ha alcuna giustificazione né per il passato, né per il presente. Nel passato, sul piano storico, è incontestabile che non solo i palestinesi non hanno partecipato alla Resistenza italiana, ma anzi i loro avi più significativi –vedi il Gran Muftì di Gerusalemme – sono stati legati ai nazisti. Per il presente, questo invito ha solo un’implicazione del tutto inaccettabile, cioè quello di equiparare alla Resistenza antifascista la guerriglia che alcune organizzazioni palestinesi stanno conducendo contro il governo israeliano anche ricorrendo al terrorismo, come si è visto nei tragici avvenimenti di questi giorni. Ma le cose non si fermano qui. Nel passato si è verificata una situazione insieme paradossale, grottesca e inaccettabile: i palestinesi indebitamente inseriti nella manifestazione del 25 Aprile non si sono limitati a partecipare, ma, appoggiati dai centri sociali, sono arrivati addirittura a contestare la presenza alle manifestazioni dei superstiti della Brigata Ebraica. Così a Milano i reduci delle Brigate Ebraiche hanno potuto partecipare solo perché protetti dal servizio d’ordine del Pd (ma hanno potuto farlo fra urla, minacce, insulti e aggressioni) e invece a Roma sono anni che la comunità ebraica è costretta ad organizzare una sua propria manifestazione perché non esistono le condizioni minime per la sua partecipazione alla manifestazione ufficiale.
PARADOSSI
Allora ci troviamo di fronte a questa situazione incredibile. Il Pd e alcuni giornali hanno contestato il messaggio che Giorgia Meloni ha inviato nella ricorrenza di via Rasella e della strage alle Ardeatine. La contestazione ha riguardato il fatto che il premier ha parlato di 335 italiani trucidati, non facendo riferimento alla presenza fra di essi di numerosi antifascisti e 80 ebrei. Ebbene, nell’Italia di oggi, grazie a come l’Anpi ha manipolato le manifestazioni del 25 aprile, gli ebrei romani sono stati di fatto finora sempre messi nella impossibilità di partecipare e quelli di Milano vengono duramente contestati da chi come i palestinesi dal punto di vista storico e politico con la Resistenza italiana non c’entrano proprio niente. Per di più, ci troviamo di fronte a incredibili manifestazioni di antisemitismo, espresse sulle piazze in cui si celebrano la ricorrenza del 25 aprile e della vittoria dei partigiani sul Nazismo e sul Fascismo. La contraddizione ci sembra così clamorosa che ci auguriamo che, a partire dalla Presidenza della Repubblica, con il concorso del governo e di tutte le forze di opposizione, si eviti che questa infamia si ripeta anche quest’anno.