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Pnrr 3mila volte più caro. Molti Comuni verso la rinuncia

di Michele Zaccardi giovedì 27 aprile 2023

4' di lettura

L’ultimo a gettare il sasso è stato il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. «Forse sarebbe il caso di valutare di rinunciare a una parte dei fondi a debito» ha dichiarato qualche settimana fa, commentando le difficoltà crescenti che le amministrazioni pubbliche stanno incontrando nello spendere tutte le risorse del Pnrr. Una boutade, la sua? Non si direbbe, considerando il mistero che aleggia intorno al costo dei prestiti concessi all’Italia dall’Unione europea. Già, perché, al momento, nessuno sa quanto ci verrà a costare restituire i 122,5 miliardi di euro di finanziamenti del Pnrr, la parte più consistente del programma varato dalla Commissione in risposta alla pandemia (i sussidi sono quasi 69 miliardi). Di sicuro, per ora, c’è solo il fatto che i rialzi dei tassi decisi dalla Banca centrale europea hanno fatto letteralmente esplodere gli interessi sui titoli emessi da Bruxelles per finanziare i “Piani di ripresa e resilienza” degli Stati membri.

MISTERO TASSI - La conferma arriva da un rapporto della Commissione indirizzato al Parlamento Ue e al Consiglio nel quale si legge che gli interessi sugli Eurobond decennali sono passati dallo 0,09% del primo collocamento, avvenuto il 21 giugno 2021, all’1,53% del maggio 2022 per poi toccare il 2,82% del novembre scorso. I dati recenti sono ancora più allarmanti. Basti pensare che l’ultimo bond decennale, messo all’asta il 17 aprile scorso, rende il 3,087%. Un incremento di 3mila volte che verrà scaricato su quegli Stati membri che, improvvidi, hanno chiesto i finanziamenti comunitari. A cominciare dall’Italia che, ai tempi del governo Conte 2, è stato l’unico Paese a fare domanda per tutta la quota di erogazioni a lei assegnata. Certo, nei documenti ufficiali dell’Ue si legge che i tassi sui rimborsi dei prestiti sono a «condizione agevolata», ma cosa questo significhi di preciso non è dato sapere. Anche dalle parti del governo ne sono all’oscuro.

Ovviamente, per gli assegni staccati finora (67 miliardi compresi i sussidi), a Palazzo Chigi hanno contezza degli oneri (anche se i dati non sono pubblici). Ma per il futuro è buio pesto. Stando ai regolamenti europei, infatti, il ministero dell’Economia riceve dalla Commissione una “confirmation notice” che contiene tutte le informazioni su tassi di interesse e spese collegate (al momento ignote) soltanto venti giorni prima dell’erogazione della tranche di prestito concessa. Detto altrimenti, il costo reale dei finanziamenti del Pnrr viene comunicato quando ormai non c’è più nulla da fare, senza possibilità di valutare la convenienza o meno dell’operazione. Le famose «condizioni agevolate», insomma, sono tali solo sulla carta. Anche perché, come riporta un documento della Commissione, a novembre scorso la differenza di rendimento (spread) tra i titoli emessi dall’Ue e la media delle obbligazioni dei governi nazionali era pari a circa 60 punti base: in altre parole, a molti Stati conveniva già all’epoca emettere debito per conto proprio, rinunciando ai prestiti europei. Certo, per il nostro Paese qualche margine dovrebbe esserci ancora, visto che i Btp a dieci anni viaggiano intorno al 4%.

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Tuttavia, un conto è prendere a prestito a tasso zero (o quasi), risparmiando miliardi di euro di interessi passivi; un altro è indebitarsi per 122 miliardi e rotti con un beneficio di poche centinaia di milioni. Senza contare che è molto probabile che i costi di finanziamento dell’Ue continuino a lievitare anche nei prossimi mesi. La Bce, infatti, sembra determinata a proseguire nella stretta monetaria, come ha confermato pochi giorni fa il governatore della Banca centrale belga, Pierre Wunsch, che ha ipotizzano un aumento dei tassi di altri 100 punti base, ovvero dal 3,5% di adesso al 4,5%. Ma ad aggravare la situazione c’è anche la riduzione del bilancio di Francoforte che, da marzo scorso, procede al ritmo di 15 miliardi di euro al mese. Considerando che un’accelerazione, a partire da giugno, è ormai data per scontata, il risultato sarà un aumento della quantità di obbligazioni in cerca di compratori e, di riflesso, una salita dei rendimenti.

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Con l’aggiunta che a ingolfare i mercati ci si metterà anche la Commissione, che ha stabilito per quest’anno un programma di emissioni monstre proprio per finanziare i Piani di resilienza nazionali: fino a 170 miliardi di titoli a medio e lungo termine e altri 60 abreve scadenza. Ma i rialzi dei tassi della Bce hanno anche un altro effetto collaterale: stanno facendo gonfiare il costo dei progetti del Pnrr. Al punto che molti Comuni hanno già rinunciato ai finanziamenti europei. Ad Aosta, ad esempio, l’amministrazione locale ha deciso di sospendere la realizzazione del palaghiaccio. Il motivo? In seguito all’aumento del costo del denaro, il contratto di leasing con cui finanziare l’operazione è diventato troppo caro. A fronte di un preventivo, stilato a inizio 2022, di 11 milioni di euro (1,5 fondi Pnrr), l’edificio verrebbe a costare oggi oltre 18 milioni, dei quali 8 soltanto per gli interessi. 

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