"I nostri ospiti principali saranno i fatti". Così diceva Corrado Formigli. Correva l'anno 2012, era agosto, Piazzapulita era reduce dalla prima stagione. Poi cos'è successo? Undici anni dopo, il talk di La7 è forse quello che indugia più pelosamente su posizioni faziose e su una visione distorta del contraddittorio. Il salotto dell'ex braccio destro di Michele Santoro in Rai da anni risponde a poche, semplicissime logiche: antifascismo senza se e senza ma, spesso a ogni costo (anche a sprezzo della logica), che si traduce in un processo a chi è di destra o semplicemente non risponde a determinate correnti "progressiste". Ambientalismo radicale, in ossequio a Greta Thunberg e a braccetto con il movimentismo giovanile che ha preso piede anche in Italia. Una linea politica totalmente a favore dell'immigrazione, schienata sulle posizioni delle Ong. Infine, ed è forse questo l'aspetto più spiacevole di un programma che ha spesso anche contenuti molto forti, perfettamente confezionati e incisivi (indimenticabili in questo senso i primi servizi dagli ospedali al collasso, in piena tempesta Covid), la tendenza ormai prevaricante al dibattito in studio che diventa pretesto per la rissa verbale, spesso sbilanciata in maniera evidente. Con il risultato che per dare enfasi (anche in negativo) a certe tesi, Formigli ha spesso creato dei piccoli "mostri" televisivi, generando un vero e proprio freak-show lontano anni luce dalle prime stagioni.
Intendiamoci, politicamente Formigli non ha mai nascosto né la propria "sensibilità" a posizioni di sinistra né la propria antipatia per leader come Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e, ora Giorgia Meloni. Piazzapulita è nato e cresciuto, di fatto, in coincidenza con il tramonto dell'egemonia berlusconiana nel centrodestra. Dal 2018, ha registrato con orrore la crescita della Lega e del sovranismo (anche i 5 Stelle ne hanno spesso pagato dazio) ma è alla fine del 2019 che il programma ha sposato in tutto e per tutto le battaglie degli anti-salviniani. A Piazzapulita sfilano per la prima volta le sardine di Mattia Santori, il movimento nato in Emilia Romagna per scongiurare la vittoria del Carroccio alle regionali. Salvini (con Lucia Borgonzoni) tenta l'assalto alla rossa Bologna, contro il governatore uscente Bonaccini in crisi di popolarità, e Formigli dà voce anche a Lorenzo Donnoli, Jasmine Cristallo e compagnia varia. Un affresco di nuova sinistra piuttosto effimera (e inglobata oggi dal Pd di Elly Schlein) ma efficace, televisivamente parlando. Poi Bonaccini vince alle elezioni, a gennaio, e un mese dopo si inizia a parlare di Covid. E' la fine delle sardine, e in un certo senso anche di Piazzapulita inteso come talk di informazione politica.
Sarà infatti con la pandemia, e ancora di più con il Green pass, che Piazzapulita si trasformerà in un destabilizzante ircocervo. Da un lato il conduttore sposa le posizioni governative di Conte, M5s e Pd, dall'altro dà spazio a tutto quel variopinto mondo intellettuale "antagonista", che riunisce sinistra e destra estreme in un unico abbraccio anti-istituzioni. Formigli non ha né i toni dissacranti di Massimo Giletti né quelli iconoclasti e genuinamente arrabbiati di Mario Giordano. Per questo quando invita a ripetizione il professor Ugo Mattei o la filosofa Donatella Di Cesare, tutti anti-Green pass e con toni vagamente scettici sui vaccini e sulla natura delle politiche anti-pandemia di Palazzo Chigi, l'effetto è quasi un cortocircuito. Gli stessi protagonisti si ricicleranno poi come pacifisti (o paci-finti?) quando dall'emergenza virus si passerà all'emergenza Ucraina. Un canovaccio che, di questo va dato merito, diciamo così, al conduttore, si trasferirà armi e bagagli anche in altri programmi della rete, come DiMartedì con il più azzimato Giovanni Floris, o addirittura della concorrenza, come il CartaBianca di Bianca Berlinguer su Rai 3.
In quest'ultimo caso, si sovrappone addirittura un nome diventato ormai iconico: quello di Alessandro Orsini, il professore della Luiss esperto di geopolitica diventato di fatto l'uomo copertina dei filo-russi in Italia, volente o nolente. Nei primi mesi della guerra, Orsini rimbalza da Rai 3 a La7, mentre quasi tutti gli altri programmi lo considerano un "Parìa", un impresentabile. La Berlinguer no, e quasi ci rimette posto e trasmissione. Formigli il rischio di chiusura non lo ha mai corso, e si può ben permettere toni estremi presentandoli come dialettica democratica. Tutto fa brodo, in nome degli ascolti.
Quando il conflitto inizia a stancare (proprio come aveva mostrato la corda il filone sanitario), Formigli si può rifare con l'anti-melonismo e l'ecologismo. Spazio così a Christian Raimo, scrittore con l'ossessione per il Duce e tutte le sue molteplici incarnazioni, che nei talk ha il solo compito di provocare il solitamente isolato esponente "di destra". Mitologico, l'elenco delle vittime delle Fosse Ardeatine srotolato sotto il naso di un esterrefatto Italo Bocchino. Sul lato "green", da qualche settimana sta prendendo spazio e piede Chloe Bertini, agguerritissima esponente di Ultima Generazione. Una versione eco-talebana di Giorgia Linardi, portavoce italiana di SeaWatch ribattezzata "Lady Ong". Anche grazie, ça va sans dire, a Formigli. Dure, convinte di essere sempre nel giusto, anche a costo di insultare chi sta loro davanti. In fondo, come recita il proverbio? Chi si somiglia si piglia.