Chi vince le elezioni amministrative, oltre al governo delle città, incassa un bonus prezioso: la possibilità di guardare subito avanti e passare alla fase successiva, sulla spinta dell’entusiasmo. Motivo per cui Giorgia Meloni, nemmeno ventiquattr’ore dopo avere incassato le vittorie ad Ancona e nelle altre città, ha ricevuto a palazzo Chigi i vertici dei sindacati, di Confindustria e delle altre associazioni di categoria, per discutere cosa fare in materia di fisco, di economia e di riforma della Costituzione. Il contrario di Elly Schlein, che le elezioni le ha perse. La segretaria del Partito democratico è stata costretta ad annullare la missione che aveva programmato a Bruxelles, dove gli europarlamentari del Pd non hanno ancora una linea comune sull’invio di armi e munizioni all’Ucraina, perché ha capito che la situazione è più grave a Roma, dove i dirigenti le chiedono conto della linea autolesionista tenuta sinora.
Per una premier pronta a correre verso nuovi traguardi c’è una leader del primo partito d’opposizione che rischia di restare a lungo nel pantano. La Meloni vuole mostrare agli italiani alcuni risultati – la bozza della riforma della Costituzione, tra questi – prima della pausa estiva, ed intende farlo dopo avere ascoltato il parere dei rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori, chiamati a partecipare anche ai tavoli che saranno convocati nei ministeri sui singoli temi. Il messaggio politico è chiaro: i democratici volevano isolare lei, ma è lei che ora sta isolando loro, portando dalla propria parte i “corpi intermedi” della società. Non ci riuscirà con tutti, ovviamente: è scontato che la Cgil si metta di traverso, la Uil è un’incognita, ma gli altri, a partire della Cisl e dalla Alleanza delle Cooperative, si sono detti pronti a confrontarsi su tutto. Una disponibilità che si aggiunge a quella che il governo ha avuto in parlamento dal terzo polo, determinato a condividere la riforma della giustizia, cui sta lavorando il ministro Carlo Nordio, e quella delle istituzioni.
Anche il progetto di revisione costituzionale è stato sottoposto dalla Meloni alle associazioni ricevute ieri, perché «è una materia che interessa tutti e le parti sociali devono essere coinvolte». La proposta dettagliata sarà nota tra qualche settimana, ma intanto la premier ha illustrato i due «obiettivi fondamentali» che si è data, ossia «la stabilità dei governi e il rispetto della volontà dei cittadini», incassando le risposte positive che sperava. Gli imprenditori e i leader sindacali (quelli non ideologizzati, almeno) sanno che la stabilità dei governi è un valore e che le riforme istituzionali, fatte bene, danno spinta all’economia.
Prende consistenza così il progetto di imboccare la strada che porta al premierato forte, ossia all’elezione diretta del capo del governo, lasciando al Quirinale un presidente della repubblica non eletto dal popolo e dunque (almeno in teoria) capace di essere equidistante dalle parti, “di garanzia”. Al premier sarebbe affidato il potere di nominare i ministri e, se necessario, rimuoverli dall’incarico, nonché quello di proporre lo scioglimento delle Camere, come ha appena fatto in Spagna Pedro Sánchez. Che la scelta sul “modello” sia ormai fatta, lo confermano anche le parole di Matteo Salvini, il quale pochi giorni fa si è detto convinto che, anziché toccare il ruolo del capo dello Stato, è meglio dare «a tutti i cittadini la possibilità di indicare direttamente una maggioranza e chi la guiderà». Ieri sera il ministro delle Riforme, Elisabetta Casellati, ne ha discusso con i parlamentari del suo partito, Forza Italia, ottenendo consenso unanime sul progetto del governo. E oggi pomeriggio dovrebbe essere il turno della stessa Meloni, che vuole illustrare ai capigruppo di Fdi questa e le altre tappe del lavoro che si aspetta dal parlamento nei prossimi mesi.
IL BIVIO DI ELLY
Significa che la Schlein, presto, dovrà scegliere: sedersi al tavolo del governo o ritirarsi sull’Aventino, gridando al golpe assieme alla Cgil di Maurizio Landini e (forse) ai Cinque Stelle di Giuseppe Conte. Un dilemma che già sta spaccando il Pd. Nei giorni scorsi Alessia Morani e altre dirigenti hanno avvertito la segretaria, tramite Repubblica, che il loro non può diventare «un partito personale e del pensiero unico», ovvero il centro sociale di Elly & Friends, e che le riforme «sono necessarie, per rendere le istituzioni più forti ed efficienti». Ieri l’europarlamentare piddina Elisabetta Gualmini ci è andata giù ancora più pesante, scrivendo su Twitter quello che lì pensano in molti: «Il Pd dice no al taglio del cuneo fiscale, no al premierato (che avevamo lanciato noi), no a tutto. Aggiungendo che al governo abbiamo i fascisti. E le nostre proposte non si capisce quali siano. Come si fa a convincere gli elettori?». Prima ancora che al governo, la Schlein dovrà rispondere a queste e alle altre domande che le fanno i suoi compagni di partito. Il giudizio più severo sarà il loro, gli elettori quello che dovevano dire l’hanno detto.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.